Scomparso 12 anni fa ma la moglie lo cerca ancora: «Per lo Stato è morto ma io sento che tornerà a casa»
Capalbio, Marco Vento sparì nel 2013: la macchina trovata sul ponte delle Bocchette a Pisa. Mesi fa ne è stato dichiarato il decesso presunto. La moglie: «Forse ha avuto un’amnesia e vaga per strada. La cosa più brutta? Vivere come se la persona amata fosse stata ingoiata dalla terra»
CAPALBIO. «Per la burocrazia è finito tutto, ma non per noi», racconta Rosanna Cesari, moglie del capalbiese Marco Vento scomparso nel nulla nel 2013 a Pisa e del quale è stata dichiarata la morte presunta alcuni mesi fa.
«Mio marito è morto per lo Stato ma io continuo a cercarlo perché sento che è ancora vivo», dice lei che in tutti questi anni non ha mai smesso di setacciare città e paesi, strade e parrocchie. Ha sognato Marco più volte mentre i due figli che ha avuto con lui crescevano e diventavano uomini. Cosa sia successo è difficile da capire ma «la mia sensazione nettissima – spiega Rosanna – è che Marco abbia avuto un’amnesia, che si sia perso e che oggi sia da qualche parte a vivere in condizioni di fortuna».
Rosanna, è passato molto tempo da quel brutto giorno in cui suo marito, Marco Vento, è svanito. Ci ricorda chi era Marco e come è avvenuta la scomparsa?
«Marco è nato il 5 giugno del 1967 a Orbetello e residente a Capalbio dove ha lavorato. All’epoca era capo operaio in un’azienda agricola. Abitavamo insieme a Pescia Romana, nel Viterbese. Il 23 febbraio 2013, quindi 12 anni fa esatti, io sono finita al pronto soccorso con dolori pazzeschi, prima a Orbetello e poi all’ospedale di Cisanello a Pisa. Mi ha portato lui là, sono stata ricoverata per 15 giorni. Poi i medici hanno programmato le mie dimissioni l’8 marzo e Marco è venuto su a Pisa il 7 per riportarmi a casa. Invece la mattina dell’8 in ospedale hanno deciso di trattenermi ancora un po’ per farmi ulteriori controlli. Quando lui ha saputo che non mi dimettevano è come se gli fosse precipitato il mondo addosso. Inoltre il giorno prima si era sentito male e mio padre l’aveva convinto a farsi vedere in pronto soccorso dove gli era stata riscontrata una piccola ischemia. I dottori lo volevano ricoverare per accertare meglio le sue condizioni ma lui non ha voluto. Poi l’8 ha saputo che dovevo fare quei controlli in più e tutto è precipitato. Quando l’ho visto al mattino era preoccupatissimo, era come se si fosse assentato dal mondo intero. Credo che la preoccupazione per me, il suo malessere e il carico lavorativo lo abbiano influenzato molto e fatto crollare. Quel giorno – l’8 marzo – Marco doveva tornare a trovarmi in ospedale verso mezzogiorno ma non è più venuto. Né ha risposto al telefono. Ho presentato denuncia di scomparsa e chiamato le forze dell’ordine. Si sono attivate le ricerche e io mi sono dimessa dall’ospedale da sola per cercarlo».
Aveva la macchina? E i documenti?
«La macchina – una Micra nera di mio padre che aveva preso lui – è stata trovata sul Ponte delle Bocchette, sull’Arno, a 500 metri da Cisanello. I documenti non li aveva con sé al momento della scomparsa. Abbiamo contattato “Chi l’ha visto?” e in trasmissione sono giunte due segnalazioni. La prima persona dichiarava che a mezzogiorno e mezzo dell’8 marzo era stata vista sul Ponte delle Bocchette una persona di spalle senza macchina, come se avesse voluto gettarsi di sotto. La seconda persona che ha chiamato in trasmissione ha detto che alle 13,45 c’era, sempre all’altezza del ponte, una Micra con un uomo che guidava, che era titubante e non sapeva se fermarsi o entrare in strada. Cosa penso? Do credito a questa seconda ipotesi. Penso che lui sia sceso dall’auto e si sia incamminato da qualche parte in preda al panico, che abbia resettato la sua mente e il suo passato. Lo stress e la paura hanno fatto sì che si perdesse, forse ha perso la memoria. Sono state fatte tante ricerche nel fiume con i sommozzatori, ma il corpo di mio marito non è mai stato trovato».
Lei lo ha sempre cercato per tutti questi anni, senza mai cedere un istante, è così?
«Sì. Per me la scomparsa di mio marito è stata una cosa inverosimile, uno choc. Com’è possibile che una persona possa scomparire nel nulla e non venga più ritrovato niente, non un corpo, nulla? Sembra di vivere un incubo continuo che non auguro a nessuno. La cosa più brutta che possa succedere a qualcuno è vivere nell’incertezza perpetua e non sapere più niente della persona amata, come se fosse stata inghiottita dalla terra. L’unica cosa certa è che Marco teneva ai suoi figli, a noi. E non se ne sarebbe mai andato volontariamente. Per questo l’ho sempre cercato».
Quale idea si è fatta, allora, della sua scomparsa?
«Io ho sensazione netta e forte dentro di me che Marco sia vivo, che abbia avuto un’amnesia. Mi auguro che in qualche modo lui possa ricordare qualcosa della sua vita passata e pian piano riesca a chiedere aiuto o tornare a casa. Oppure, se anche lui non ricorda niente, spero che qualcuno lo riconosca da qualche parte e ci contatti. Io sono molto credente, mi sono completamente affidata a Dio in tutti questi anni e sono stata aiutata e guidata a sostenere con forza, coraggio e perseveranza questa grande prova. In tutto e per tutto, mi affido a Dio».
Purtroppo, intanto, è avvenuta la dichiarazione di morte presunta.
«Sì, è successo alcuni mesi fa quando, dopo circa un anno di passaggi burocratici, a casa è arrivato un certificato in cui era scritto che, essendo passati 10 anni senza più notizie di mio marito, è stata dichiarata la sua morte presunta. Così è la legge. Non ci sono parole per descrivere questa cosa: è stato un fatto burocratico che abbiamo vissuto sulla nostra pelle nel dramma più totale i miei figli e io. Io però non mi sono mai rassegnata perché non c’è mai stato niente che provasse che Marco era morto. Dunque, per la burocrazia è finito tutto ma non per me, che continuo a cercarlo. Faccio appelli continui, chiedo informazioni, non ho mai perso dentro di me questa grande speranza e fino a prova contraria non la perderò mai. In questi giorni sto provando a contattare anche i City Angels, un’associazione di volontariato che opera in molte città italiane e aiuta le persone bisognose. So che vanno in giro a portare coperte e cibo a chi vive per strada. Una mia ipotesi è che anche Marco viva per strada, senza memoria, e che si rifocilli alle mense».
Tra l’altro nel suo profilo social lei ha condiviso in questi anni, e condivide tuttora, le storie di molte persone scomparse.
«Sì, è così. In questo lungo tempo ho letto tante storie di persone scomparse, mi sono messa nei panni delle loro famiglie. Più che posso condivido le storie e le notizie degli altri, e come posso cerco di aiutare chi sta vivendo il mio stesso dramma».
Se Marco leggesse le sue parole cosa gli direbbe?
«Gli direi che lo aspettiamo a braccia aperte in ogni momento. Io spero che un giorno o l’altro lo possiamo trovare fuori dalla nostra porta di casa perché è tornato. Sono in tanti a pensarla come me e ad avere la sensazione che ho io, non sono sola a credere che lui sia ancora vivo e sia da qualche parte. Ho ancora una sensazione forte di amore e unione con lui e sento che tornerà. L’ho anche sognato più volte».
Cosa ha sognato?
«L’ultima volta è stato circa un anno fa. Marco mi è comparso in sogno e mi ha detto che non era lontano da casa e che presto sarebbe tornato. Mi ha detto che si trovava tra Cecina e Castiglione della Pescaia. Non è stato l’unica volta che l’ho sognato. Per ora è rimasto così, solo un sogno, appunto. Intanto ho chiesto ad alcuni amici che stanno a Cecina di cercare informazioni in giro e anche nelle parrocchie. Io sto ancora cercando Marco in moltissime zone. Lui può essere dappertutto».
© RIPRODUZIONE RISERVATA