Giani: «Serve un Maggio più pop, chi lo nega vive sulla luna»
Il presidente della Regione risponde agli orchestrali che criticano la svolta di stile
Gli orchestrali rigettano la svolta rock e pop che Eugenio Giani vorrebbe dare al maggio per renderlo più attrattivo e redditizio?
«Il mondo che opera intorno alla lirica deve rendersi conto che i tempi stanno cambiando e anche i gusti culturali delle generazioni più giovani impongono di adeguarsi. Non possiamo vivere su un altro pianeta».
Anche perché, ripete il presidente della Regione, non è più sostenibile un teatro che «costa 36 milioni di euro e ne ricava appena 4 da abbonati e biglietti, se continuiamo così il prossimo anno saremo da capo». Cioè, con un Maggio Fiorentino sull’orlo del default.
Presidente, lei e Nardella invocate una svolta nella governance. Perché?
«Se i numeri sono questi, è evidente che per non ritrovarsi con lo stesso problema il prossimo anno bisogna far funzionare in modo più ampio il complesso del teatro del Maggio e puntare su altre attività».
Ha anche proposto la figura un direttore generale che affianchi il sovrintendente. Ha già in mente un nome?
«Ho in mente una figura: deve essere un manager culturale. Io sono stato al Metropolitan Opera House di New York due mesi fa. E il giorno dopo la Bohème, a cui mi avevano invitato visto che si avvicina il centenario, mi hanno chiesto di andare a vedere un musical sulla vita di Emile Griffith, l’avversario di Benvenuti. La storia del primo pugile gay. Bellissimo. C’era molta più gente di quanta ce ne fosse alla lirica il giorno prima»
Come sfruttare il potenziale del Maggio?
«Ci sono due sale interne, una da 2mila e una da 1300 posti, e poi c’è la cavea esterna da 2.500 posti, che possiamo utilizzare d’estate ad esempio portando lì il MusArt. Gli organizzatori, invece di pagare il suolo pubblico al Comune, potrebbero fare lì i concerti. Quindi serve un direttore che sappia massimizzare l’utilizzo del teatro dell’Opera come si fa già altrove nel mondo».
Come va individuato il direttore generale, con un bando?
«Vediamo, adesso bisogna recuperare un po’ di gestione. Dopo i tagli necessari fatti da Cutaia, c’è da passare alla fase di promozione».
Cutaia sta facendo bene?
«La mia valutazione è positiva».
Non sarà che la biforcazione così ampia fra costi e ricavi è il frutto degli eccessi della stagione Pereira?
«Gli organi di controllo della fondazione del Maggio devono recuperare la conoscenza della programmazione, con Pereira si ragionava molto per spot. Un’altra grande occasione per organizzare una programmazione alternativa alla lirica, ad esempio, sarà Pitti».
Ha invocato anche un cambio dello statuto per trasformare il consiglio direttivo del Maggio in un cda. Insieme a Nardella avete parlato di questa svolta di governance col ministro?
«Ne abbiamo parlato in una riunione a Roma ma senza prendere decisioni, è chiaro che nella modifica dello statuto il ruolo del ministero della Cultura è determinante».
Per ripianare il deficit da 7,6 milioni tutti i soci hanno stanziato fondi aggiuntivi e anche la Regione, aggiungendo 1,1 milioni ai soliti 2,9 milioni annui con cui finanzia il Maggio. Sono fondi che potreste ridare anche il prossimo anno?
«Questo milione e 100mila euro in più che diamo ha la finalità esclusiva di risanare il disavanzo prospettato da Cutaia solo per quest’anno».
La Regione si costituirà parte civile contro Pereira negli eventuali processi sulla sua gestione dei conti?
«Appena sapremo di più sul percorso giudiziario delle accuse valuteremo, ma non ci saranno certo preclusioni».
I lavoratori del Maggio dicono che si dovrebbe promuovere meglio la lirica.
«Certo, questa è una azione che deve essere fatta, rendendo la lirica più accattivante, con una promozione anche nelle scuole. Quando ero assessore in Comune facemmo un sondaggio e si scoprì che solo il 4% dei fiorentini era interessato all’opera. Come Regione siamo pronti a fare la nostra parte».
Gli orchestrali sono contrari alla svolta pop e rock.
«Il teatro sarà sempre il tempio della lirica. Ma basta che vadano a vedere cosa accade negli altri teatri lirici del mondo per rendersi conto che nessuno ormai vive più solo ed esclusivamente di lirica classica. Non dobbiamo certo snaturare il teatro lirico, ma non ci possono essere preclusione su spettacoli di altro tipo. Naturalmente dobbiamo fare tutto con misura, raffinatezza e grande gusto, ma non possiamo andare avanti con un teatro che ha costi di produzione di 36 milion di euro e ricavi di solo 4 milioni da biglietti e abbonamenti. Voler mantenere tutto uguale significa vivere in un altro mondo».
Per quest’anno i lavoratori sono salvi, non faranno cassa integrazione.
«Per quest’anno sì, ma se non cambia strutturalmente la programmazione ci ritroveremo da capo, e non possiamo tutti gli anni soccorrere il Maggio con fondi di emergenza».
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