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È allarme concerie e calzaturiero: cassa integrazione per 2.700 addetti

È allarme concerie e calzaturiero: cassa integrazione per 2.700 addetti<br type="_moz" />

La Cgil: «Già 75 licenziamenti in quattro mesi, molte aziende a rischio»

25 aprile 2024
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Santa Croce «Se non arriva una soluzione dalla Regione e dal governo, per molte aziende le ferie non saranno ferie, ma cessazione di attività». È questa la forte denuncia lanciata dalla Cgil locale e provinciale sullo stato del distretto conciario e calzaturiero, che sta vivendo ormai da tempo uno dei suoi momenti più difficili.

«Situazione che ci preoccupa moltissimo – dice il segretario generale della Filctem di Pisa, Alessandro Conforti –. Basti pensare che dal punto di vista della cassa integrazione siamo ai livelli del periodo Covid, con 350 aziende coinvolte in richieste di cassa per un totale di 1.750 settimane solo nei quattro mesi del 2024. Stiamo parlando di almeno 2.700 persone coinvolte dagli ammortizzatori sociali».

Dati preoccupanti messi nero su bianco da Conforti insieme al segretario regionale della Filctem Toscana Loris Mainardi e Pablo Cartone, Alessio Bini e Daniela Fabbrini. «Quasi tremila persone che ogni giorno fanno fatica, nel nostro comprensorio, ad arrivare alla fine del mese, con lo stipendio ridotto e l’inflazione galoppante, le bollette e i mutui da pagare – precisa Mainardi – In una situazione nella quale le aziende lavorano la metà, lo si capisce anche da quello che viene conferito al depuratore. In queste condizioni le aziende potrebbero trovarsi nella condizione di non poter nemmeno anticipare la cassa. Il che significa che qualcuno potrebbe dover aspettare uno o due mesi per riscuotere».

Dall’inizio dell’anno sono già 75 i licenziamenti, solo considerando le aziende sopra i 15 dipendenti. «Le aziende artigiane non hanno cassa integrazione tradizionale, hanno la cosiddetta Fsba (Fondo di solidarietà bilaterale per l'Artigianato) che dura molto meno di quella tradizionale – spiega Conforti. – E questa sta finendo in questo territorio. Ci troviamo nelle condizioni che a maggio potrebbe già essere esaurita per la maggior parte delle aziende e questo significa che o terranno i lavoratori a casa senza stipendio o lo licenziano. Il rischio, oltre al dramma delle perdite di posti, è che questo danneggi permanentemente il distretto, con professionalità, il cosiddetto “know how”, e aziende che, quando ci sarà anche una ripresa, saranno ormai persi. Alla base del calo degli ordini, che ormai dura da più di un anno almeno, la crisi internazionale.

«L’instabilità internazionale porta incertezza e questa è nemica di ogni investimento o spesa – precisa Mainardi. – Questo territorio ha subito prima l’embargo alla Russia, che qui valeva quasi il 30%, l’Ucraina che qui pesava per l’8%, poi il Medio Oriente, la nazionalizzazione di Hong Kong. Tutte cose che non pesano su Santa Croce, pesano su tutto il comparto moda. Ce lo spiega bene l’Irpet in questi giorni: nel quarto trimestre del 2023 il tessile segna un -9%, la calzatura -18%. Il risultato è che il Pil Toscano è sotto la media nazionale e l’occupazione segna un -10%. Rispetto al 2022 segniamo un +468% di cassa integrazione». E se a mancare sono gli ordini, a Santa Croce ma in tutta la regione, ciò si deve prima di tutto alle grandi firme, sempre più pesanti sul totale delle richieste. Basti pensare a Gucci, che in certi contesti pesa per quasi la metà degli ordinativi: «A Santa Croce pesa per il 34%» dicono i sindacalisti. «Stiamo chiedendo a livello regionale un tavolo della moda che prenda in considerazione questo – sottolinea Conforti –. È necessario che almeno il conteggio della cassa artigiani Fsba sia azzerata dal Ministero, dando respiro a questo territorio per altri mesi. L’aria che tira parla di una possibile ripresa degli ordini a febbraio 2025. Questa cosa non può prescindere anche dalle grandi firme, che devono essere coinvolte».

Situazione simile a quella che si trova nelle altre due regioni della pelle Made in Italy, la Campania ed il Veneto. «Sta andando appena un po’ meglio l’automotive – dice Conforti. – Ma per il resto i numeri sono simili a quelli toscani». l

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