Calcio: Serie B
Piaggio, l’Italia dice addio all’Ape: come le norme europee bloccano la produzione e il futuro degli operai
Pontedera, dopo 76 anni si chiude un lungo capitolo aziendale. Continuerà a essere fabbricato in India per mercati emergenti
PONTEDERA. L’Ape non sarà più “made in Pontedera”. Dopo 76 anni, la Piaggio chiude un lungo capitolo aziendale, smettendo la produzione in riva all’Arno di quella che, con la Vespa, è diventata negli anni un’icona mondiale dell’industria motoristica italiana, ma anche uno dei simboli della ricostruzione del secondo dopoguerra. Il tre ruote continuerà ad essere realizzato solo in India, destinato in particolare ai mercati egiziano e cambogiano, oltre che indiano.
Una scelta, comunicata alle Rsu nelle scorse settimane, non dettata da logiche di delocalizzazione, ma che fa seguito ad una normativa comunitaria troppo stringente in materia di sicurezza e inquinamento e che diventa incompatibile con la produzione di quel veicolo nato nel 1948 grazie all’intuizione di Enrico Piaggio e Corradino D’Ascanio. Un veicolo che ha resistito a tutte le trasformazioni – e rivoluzioni – del settore imponendosi sul mercato con oltre due milioni di modelli venduti. Ora servirebbero lunghi e complicati processi di ricerca e innovazione per adeguare l’Ape agli standard di sicurezza. Il tre ruote dovrebbe essere equipaggiato con airbag e sistemi di frenata assistita. In ottemperanza alle normative europee per la riduzione delle emissioni inquinanti, la Piaggio dovrebbe immettere sul mercato modelli Euro 5: una sfida che, per un motore Euro 4 a due tempi, diventa quasi impossibile, se non snaturando un prodotto che continuerà la sua storia nello stabilimento indiano della Piaggio, dove il tre ruote è realizzato con il nome di Apé, anche in versione elettrica. Ma anche in Italia e nel resto del mondo, almeno fino a quando i magazzini di Pontedera non saranno svuotati (sul mercato potranno essere immessi i modelli realizzati entro fine 2024). Nello stabilimento di viale Rinaldo Piaggio, le linee di produzione dell’Ape saranno riconvertite per il potenziamento della fabbricazione del Porter, il quattro ruote commerciale dell’azienda guidata dai fratelli Matteo e Michele Colaninno: vi saranno destinati i circa 130 operai (meno del 10% del totale) che nei giorni scorsi hanno “firmato” gli ultimi modelli Ape.
Una scelta quasi «obbligata», secondo Angelo Capone, segretario Fiom-Cgil di Pisa, quella di smettere la produzione di un veicolo che ha segnato la storia. «Le normative cambiano, i prodotti anche – sottolinea –. Dispiace, ma con le nuove leggi era prevedibile». Escluso un contraccolpo sui livelli occupazionali. Anzi, sindacati e azienda il 9 dicembre si ritroveranno al tavolo per discutere il nuovo integrativo – che dovrebbe portare ad un aumento salariale di 100 euro mensili – e del processo di stabilizzazione che ad inizio anno dovrebbe portare alla stipula di alcune decine di nuovi contratti a tempo indeterminato (145 quelli firmati negli ultimi tre anni). «Se ne va un pezzo di storia e se ne va a causa di leggi troppo restrittive che privano il territorio di una produzione diventata iconica nel mondo – aggiunge Samuele Nacci, segretario della Uilm di Pisa –. Continuare sarebbe stato impossibile o, comunque, molto difficile. Quello che va via, viene però ricompensato con altri investimenti». Quelli che, per Flavia Capilli, segretaria regionale della Fim-Cisl, permettono «di avviare un nuovo capitolo» e di «mantenere inalterati i livelli occupazionali».