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FORTE DEI MARMI. «Non avevo assunto oppiacei, sono risultato positivo per il farmaco antidolorifico che mi hanno dato al pronto soccorso». Una tesi che, consulenze alla mano, è stata accolta a livello penale e nel procedimento per la restituzione della patente. Solo che quando il commerciante, a sua insaputa positivo a sostanze psicotrope, ha fatto causa all’Asl per non aver inserito la somministrazione del farmaco nella cartella clinica chiedendo circa 15mila euro di danni, si è visto respingere la richiesta di risarcimento. Ed è stato condannato a versare all’azienda sanitaria oltre quattromila euro di spese di lite. Per il giudice non è infatti risultato negli atti dell’ospedale Versilia che qualcuno avesse dato l’antidolorifico contenente codeina al paziente dolorante in attesa di essere visitato.
È la storia definita in Tribunale a Lucca (giudice Alice Croci) per un episodio controverso avvenuto il 21 agosto 2021 poco prima delle 5 del mattino tra via Buonarroti e via Mazzini.
Finito al pronto soccorso dopo essere stato preso in pieno all’alba da un’auto a un incrocio, mentre in scooter stava andando al lavoro, il paziente al triage aveva chiesto ai sanitari un farmaco per lenire il dolore alla spalla destra. In tarda mattinata, all’arrivo della polizia municipale, la prassi di accertare le condizioni psicofisiche dei protagonisti di incidenti stradali, attraverso l’esame di urine e sangue, lo aveva classificato come uno che si era messo in sella alla moto dopo aver assunto sostanze psicotrope. E, nel giro di poche ore, alle lesioni subite nell’incidente aveva dovuto aggiungere la sospensione della patente per tre mesi, la sanzione amministrativa elevata dagli agenti e anche un procedimento penale. Tutti fronti risolti sulla base di consulenze mediche, ma che erano costati soldi per avvocati e procedure.
I consulenti hanno accertato la presenza di sola codeina nel sangue e chiarito che «il rapporto tra morfina e codeina nettamente spostato in favore della codeina, nell’urina, indica che l’assunzione deve attribuirsi esclusivamente a somministrazione di prodotto farmaceutico contenente tale molecola usata come antidolorifico sicuramente qualche ora prima». E ancora: «Va peraltro ricordato che il riscontro analitico inequivocabile di codeina e morfina solo nelle urine deve fare escludere l’eventuale ipotesi di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti».
Forte di questi risultati, il commerciante aveva chiesto i danni all’Asl “colpevole” di non aver scritto nel verbale del pronto soccorso o nella scheda del triage del farmaco con la codeina. Un riscontro documentale che gli avrebbe evitato i guai a livello penale e di sospensione della patente. L’uomo aveva anche citato come teste una persona che era nella sala d’attesa che avrebbe visto e sentito il commerciante chiedere a un infermiere qualcosa per fargli passare il dolore che lo stava tormentando.
Il giudice, tuttavia, ha sottolineato che doveva essere l’uomo «a fornire la prova dell’avvenuta somministrazione, da parte degli operatori del pronto soccorso, di un farmaco contenente codeina». Quello che è finito agli atti del processo ha portato il Tribunale a stabilire che «l’unica somministrazione effettuata dall’operatore del triage durante l’attesa della visita da parte del medico del pronto soccorso ha riguardato il paracetamolo, nello specifico Tachipirina orosolubile». E la prova della somministrazione «non può essere affidata alle dichiarazioni di un testimone che affermi che l’addetto al triage ha somministrato un farmaco non identificato che ha annullato ogni dolore, essendo queste affermazioni destinate a soccombere, sul piano probatorio, davanti alla documentazione esaminata». Magari un infermiere mosso a compassione gli avrà pure dato un antidolorifico che poi ha innescato denuncia e ritiro della patente. Ma se non è stato scritto l’Asl non risponde di alcuna omissione. Richiesta danni respinta e conto delle spese legali da versare all’azienda sanitaria citata in giudizio.