Il Tirreno

Versilia

L’amarcord

Storia di un mito a Viareggio, così nacque la “bomba” della Fauzia: dolce rito di passaggio della felicità

di Stefano Pasquinucci

	Fauzia Paolini al bar Eden in una foto storica
Fauzia Paolini al bar Eden in una foto storica

Ispirata a una brioche vista a Sanremo durante il viaggio di nozze dei Cecchi. Il primo lancio? Fu verso Moira Orfei

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VIAREGGIO. Questa è una storia di amori veri, di sogni e di passioni, di gioie e dolori, di ricordi ed emozioni, di grandi donne e uomini che non sono da meno. E sono proprio due uomini che la raccontano: Alessandro e Luigi Cecchi. Seduto ad un tavolino, prendo appunti e, parola dopo parola, vengo catturato da una trama che sembra un film, ma è vita vera. Primi anni Quaranta, Alessandro Cecchi nasce a Firenze, borgo San Frediano, ma è la Versilia il territorio dove il futuro allunga le sue ombre. È qui, infatti, che Luigi (il padre) conosce una Cupisti, una viareggina che diventerà sua moglie e la madre di Alessandro, appunto, e Graziano (oggi titolare del Ristorante La Corteccia). Alessandro ha un sogno; diventare pasticcere.

La storia

Ha 16 anni quando, dopo una prima esperienza a Villa Grazia sul viale Buonarroti, inizia a lavorare in un locale della Passeggiata di Viareggio. È il bar gelateria Eden. Dietro l’angolo del tempo stanno per fare capolino gli anni Sessanta. La gelateria apre a inizio maggio e chiude a fine settembre. Il tempo è scandito dall’estate, dai bagnanti che a Carnevale portano la caparra e nel periodo più caldo affittano case per un mese o per l’intera stagione. I gusti del gelato sono solo due, crema e cioccolata distribuiti da una macchinetta che si chiama “Sambo”. Ad azionarla c’è una ragazza di 19 anni. Minuta, con capelli biondi, corti ed un dolcissimo viso che ricorda quello di Rita Pavone. Alessandro la vede ogni mattina prima di entrare nel laboratorio e, spesso, la sente cantare. Ed ecco che un giorno (vi assicuro che quello che state per leggere è la pura verità) rimane affascinato da una sorta di “visione onirica”. Lei illuminata da un raggio di sole che, rimbalzando da uno specchio all’altro, la pone come attrice in mezzo ad un palco. Si ferma e pensa: «Vorrei che la mi’ moglie fosse una donna così».

Fauzia

Ma chi è questa ragazza? Si chiama Fauzia, nome di origini arabe che significa “vittoria” o “trionfo”. Fauzia Paolini. Sua mamma è Lina Convalle, suo padre, Veturio, è capo mastro in comune e, nel periodo della Seconda guerra mondiale, assieme a un amico, si rende protagonista di un gesto coraggioso e significativo. Stacca dal basamento e nasconde sottoterra, il busto in marmo del grande poeta inglese Percy Bysshe Shelley che i tedeschi volevano distruggere. Una famiglia viareggina dove Fauzia cresce iniziando ad amare profondamente la sua città, sentimento che coltiverà per tutta la vita. Adolescente vive il Carnevale sul carro del bar Alceo da dove si diverte a tirare le caramelle. Un gesto, questo, che ritroveremo anni dopo e qualche riga più avanti. Storia d’amore, dicevamo, e l’amore tra i due protagonisti sboccia inevitabilmente, mesi dopo. Si fidanzano il 7 novembre 1960 (segnatevi questo giorno e questo mese). Il tempo passa e Alessandro, dopo un’esperienza al Sirena di Lido di Camaiore, una mattina se ne va a Lucca con la mamma, rimanendo ipnotizzato dalla vetrina della pasticceria Pinelli. Senza avvisare nessuno, il giorno dopo se ne torna da solo nella città delle mura. È deciso, forte dei suoi sogni e dell’energia dell’età. Torna da Pinelli, ma questa volta entra chiedendo di poter parlare con il titolare. Quando si trova davanti al signor Otello se ne esce con un perentorio e sfrontato: «Io voglio lavorare qui!». Otello non batte ciglio e, senza pensarci su, risponde: «Inizi domani». E lo fa davvero. Tutti i giorni per tre anni, partendo alle sei dalla stazione di Bozzano e tornando a casa alle 19.

La data

Rientrerà a Viareggio nel 1963 per andare a lavorare da Fappani, in piazza Mazzini, dove acquisisce ulteriore esperienza, grazie anche al confronto con pasticceri provenienti da altre regioni italiane. 1964 il matrimonio. Quando? Esattamente il 7 novembre (data che ritroveremo ancora). Nel 1968 i due sposini riescono ad organizzare una gita in Spagna, a Barcellona. Ci vanno in auto e, all’andata, si fermano a Sanremo per fare colazione. Qui, all’improvviso, la vedono... è una piccola brioche riempita di crema, dal gusto eccezionale, tanto da rimanere radicalmente impressa nel palato e nella mente dei due che, finalmente, stanno per concretizzare il loro grande sogno: mettersi in proprio. Ultima estate dei mitici Sessanta, il 6 giugno 1969 Giuliano Palamidesi apre, in Passeggiata, a fianco di una birreria e vicino alla pizzeria Rusticanella, la “Pasticceria e Gastronomia da Massimo”, un’attività nuova, ambiziosa. È questo il sogno inseguito, ipotizzato, anelato. Sogno che diventa realtà nel dicembre di quello stesso anno. I primi mesi, però, sono davvero duri. Si parte con 250.000 lire che sono sufficienti a malapena per pagare l’affitto e il materiale. La clientela latita ed i sacrifici sono davvero tanti. Per fortuna, però, arriva la prima estate degli anni Settanta e tutto cambia.

L’insegna

Gli affari iniziano ad andare bene e, nel 1971, una nuova insegna campeggia su quella piccola attività, nasce il “Bar Pasticceria Fauzia”. Grazie alle tipologie delle licenze, sono tante e diverse le novità che vengono proposte. I primi piatti a pranzo, ad esempio; al pomodoro o salmone e zucchini. Dopo vari e fallimentari tentativi, il calendario attaccato alla parete segnala l’anno 1973, si scopre la ricetta giusta per riprodurre la famosa pasta assaggiata a Sanremo. Nasce così la “bomba della Fauzia”, un bombolone ripieno che, in diverse variabili, diventerà uno dei simboli di tutta la produzione del laboratorio. E qui si innesca una storia nella storia. 1976, il Carnevale di Viareggio ha una madrina d’eccezione: Moira Orfei. A lei, la Fauzia, destina il volo della prima “bomba”. Non è dato di sapere se in segno di apprezzamento o critica.

Il rito

Fatto sta che da quel giorno, al passare dei carri, dal banchetto allestito all’esterno del bar, partono lanci di “bombe” che non alimentano guerre, ma generano sorrisi. È un rito che si rinnova ogni anno, che diventa battuta alla Festa della Canzonetta, che solo la Fauzia, però, può alimentare. Lo fa per decenni fino a che, complice un dolore al braccio, non si rende necessario il coinvolgimento di Luigi a cui, ancora oggi, si deve questo dolcissimo e atteso rituale. Torniamo a noi. Luigi nasce nel 1965. Franco, il fratello, nel 1969. Lavorano d’estate e contribuiscono all’espansione di quel sogno sempre più reale. Luigi inizia a giocare a calcio con discreti risultati. Indossa la maglia del Pisa, del Pietrasanta, la bianconera del Viareggio, del Bozzano e della Torrelaghese. Una passione condivisa dal padre, allenatore con patentino per il settore giovanile, ottenuto a Coverciano che ama anche la caccia, i suoi tanti cani ed è un pittore di talento. Luigi, invece, appese le scarpette al chiodo, si dedica, con impegno e passione, a questa attività che cresce sempre di più. Lo fa grazie, anche, al decisivo apporto ed alla presenza di Serena Barsotti che sposa, attenzione, casualmente, il 7 novembre 1988. Le due donne, Fauzia e Serena, se la intendono perfettamente. Lo dicevamo che questa è, tra le altre cose, una storia di Grandi donne. La Fauzia, nata in Via di Mezzo aveva un cuore grande come pochi. Malata di Viareggio e di Egisto Malfatti, voleva bene anche a Enrico Casani e a tutti coloro che, orgogliosi di Viareggio, cercavano di contribuire a renderla più bella. Muore il 16 aprile 2019, ma continua a vivere nei ricordi e nelle emozioni di chi l’ha conosciuta, ma anche di chi ne ha sentito solo parlare. Perché la Fauzia è un personaggio, una presenza che non si può e si vuole dimenticare. È parte della nostra vita e, se chiudiamo gli occhi, la rivediamo al suo posto pronta, quando varcavi la soglia, a darti il buongiorno alla sua maniera.

Gli anni sono passati da quando i Sessanta annunciavano il loro arrivo. Alessandro, figlio di Luigi e Serena, ha venti anni quando annuncia la decisione di voler entrare in laboratorio. Il nonno non sarebbe tanto d’accordo, ma poi, complice una sosta forzata da tunnel carpale e forse memore della richiesta fatta a Otello Pinelli, concede la propria approvazione per quella doveva essere una sorta di “prova sul campo”. Prova che Alessandro supera nel migliore dei modi, dimostrando manualità, creatività, impegno e grandissima passione. È un pasticcere nato, ma è bravo anche a gestire la presenza dei tanti collaboratori a cui lui, così giovane, riesce ad insegnare i segreti della complessa attività che lo coinvolge. Come il nonno non si ferma mai. Vive ogni giorno ad una velocità non comune. «È come se – riflette a voce alta Luigi – volesse consumare ogni secondo del suo tempo, della sua vita». Alessandro muore tragicamente una mattina di settembre del 2018, coinvolto in un incidente stradale. È un dolore immenso, per i genitori, i familiari, gli amici e per tutta Viareggio, ma da quel dolore nascerà una Associazione, “FenomenAle” che da quel giorno è diventata uno strumento prezioso di amore, solidarietà, vicinanza e coinvolgimento. Ringrazio Alessandro e Luigi che, con il loro esempio, ci hanno fatto capire, ancor di più, l’importanza dei sogni, delle passioni, del lavoro, della capacità di comprendere i cambiamenti, di anticipare i gusti delle persone senza, però, stravolgere mai la propria identità.

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