Mobbing all’ospedale Versilia, costretto a 350km di pendolarismo ed emarginato: avrà un indennizzo dall’Inail
Lavora all’ospedale Versilia: lo obbligarono a fare il pendolare ad Arezzo
VIAREGGIO. Un giorno, al rientro da una malattia, nel marzo 2016, gli dissero che avrebbe dovuto lavorare ad Arezzo. La sua giornata avrebbe avuto una sequenza da super pendolare: la mattina sarebbe andato all’ospedale Versilia per timbrare, poi si sarebbe messo al volante del furgone per raggiungere il presidio sanitario aretino e, infine, la sera sarebbe tornato a Lido di Camaiore. Per un totale di 350 km al giorno.
La cassa integrazione e l'emarginazione
Non solo. Al momento di attivare la cassa integrazione fu l’unico a finire in Cig (cassa integrazione) a zero ore per oltre un mese e mezzo. E ancora, mai coinvolto nei corsi di formazione periodici aziendali e pure oggetto di scherno da parte dei colleghi ritrovando la propria immagine affissa nei locali dell’ospedale accompagnata a frasi tra lo sgradevole e la presa in giro pesante.
Emarginato e discriminato sul posto di lavoro, un dipendente delle cooperative che si sono succedute nel servizio di manutenzione del Versilia ha fatto causa all’Inail ottenendo l’indennizzo per danno da mobbing. Le argomentazioni dell’istituto sul rifiuto alla liquidazione di quanto chiesto dal dipendente sono state respinte. La consulente nominata dal Tribunale ha accertato un danno biologico quantificato al 20 per cento per «disturbo dell’adattamento con ansia ed umore depresso misti» considerando che «si ritiene ammissibile la sussistenza di un nesso di causa fra lo sviluppo sintomatologico del disturbo dell’adattamento e l’esposizione alle situazioni lavorative avversative».
La vicenda inizia nel 2011
È un calvario iniziato nel 2011 quello del dipendente, versiliese, che dopo una lunga malattia dovuta allo stress per quella vita di inferno era stato prima licenziato e poi reintegrato dal Tribunale con tanto di 10mila euro di risarcimento, sempre per mobbing. Ora la causa vinta con l’Inail. Un processo difficile costellato da un’omertà profonda che ha spinto il giudice Alfonsina Manfredini a scrivere che «mai come in questa causa si è trovata a dover verbalizzare tanti “non ricordo” quanti ne sono stati detti da colleghi di lavoro chiamati a testimoniare su capitoli di prova relativi a circostanze fattuali da cui emergeva l’atteggiamento di ostilità verso il ricorrente. Si rileva la non indifferenza dei testi, molti dei quali ancora dipendenti della CPL Concordia e, talora, essi stessi asseriti autori di comportamenti ostili al ricorrente».
Tra i comportamenti ingiustificati e vessatori vengono citati anche quelli inseriti nella sentenza del 2021 grazie alla quale l’uomo rientrò in azienda dopo essere stato vittima di «atteggiamenti volti ad emarginarlo e criticarlo con anche attribuzione di compiti senza senso o mancata accettazione di sue proposte».
Al trasferimento ad Arezzo, peraltro avvenuto in parallelo all’assunzione di altro personale sul Versilia, il giudice dedica un passaggio sostanziale della sentenza: «Palese è la gravosità della assegnazione, ancorché temporanea, su Arezzo, trattandosi di città distante dal luogo di residenza del ricorrente tanto da non potersi ipotizzare lo spostamento quotidiano da e verso il luogo di lavoro, per quanto vi è da dire che inizialmente il ricorrente era stato fornito di furgone della cooperativa». Superata la fase del pendolarismo giornaliero, la cooperativa gli aveva concesso di coprire le spese con vitto alloggio ad Arezzo. Dopo poco rimossi anche quegli aiuti.
«Anche il successivo accomodamento consistente nel consentire al ricorrente di pernottare in Arezzo a spese della cooperativa e rientrare a casa il venerdì sera, era significativamente gravoso per quest’ultimo, privando il ricorrente della possibilità di vivere nella propria casa e con la propria famiglia (egli aveva allora una figlia piccolissima) – ancora il giudice – . Di più: costituisce fatto non contestato che in seguito gli siano state tolte le agevolazioni in punto di hotel e vitto (ciò comportando per lui l’onere di sostenere costi di trasferimento, vitto e alloggio su Arezzo) e, infine, che il ricorrente fu indotto a sottoscrivere una richiesta di vero e proprio trasferimento (definitivo) per quel luogo, con conseguente stato di profonda depressione accertata in sede di Ctu come conseguente alle perduranti vessatorie condizioni di lavoro».