Dora Piarulli ha vinto la battaglia, il giudice dice sì al suo ritorno a casa: «La sua volontà è chiara»
La sua storia è diventata nazionale: la donna si stava lasciando morire perché non voleva stare in una casa di riposo
VIAREGGIO. Dora Piarulli, 80 anni, torna a casa, nella propria abitazione di Camaiore. Che ha dovuto lasciare, dopo un ricovero in ospedale, destinata a una Residenza sanitaria assistita per disposizione dell’amministratore di sostegno. Il ritorno a casa è stato deciso dal Tribunale di Lucca. E già da oggi Dora – la cui protesta contro la permanenza nella Rsa è diventata un caso nazionale – potrà tornare dai suoi due gatti, assistita a casa dalle badanti. Così da riprendersi dallo stress che le ha causato, come capiterebbe a chiunque di noi, essere costretta in un posto dove non voleva vivere. «Mi fanno stare qui senza volerci stare», sono state le parole chiare e decise della signora Dora in un video andato in onda sulle reti Rai.
«Eppure», racconta al Tirreno la figlia Anna Estdahl, «l’amministratore di sostegno, nel corso dell’udienza, ha sostenuto che la capacità di mia madre di esprimere la propria volontà è solo apparente. Arrivando a dichiarare davanti al giudice che abbiamo ascoltato le parole di Dora ma non la sua opinione». Inoltre, l’amministratore di sostegno «ha depositato una relazione nella quale si sostiene che il decadimento cognitivo di mia madre ha subito un peggioramento negli ultimi mesi».
Di diverso avviso il giudice tutelare, nel cui provvedimento si legge: «L’amministrata (la signora Dora, ndr) ha saputo esprimere chiaramente e lucidamente la sua volontà di non rimanere nella struttura residenziale sanitaria ove è inserita dal febbraio scorso». E, continua il giudice, «la permanenza in struttura pare costituire un pregiudizio per l’amministrata che ha assunto atteggiamenti fortemente reattivi e condotte di rifiuto di assistenza e trattamento che potrebbero nel lungo periodo pregiudicarla sensibilmente, sia sul piano psicologico che su quello fisico».
I mesi trascorsi dal collocamento in Rsa a oggi sono stati molto stressanti per Dora e per i suoi familiari. Con Dora lontano da casa, dalla figlia, in un territorio molto diverso da quello della signora. «Prima del ricovero», continua Anna Estdah, «abbiamo cercato di far ragionare l’amministratore di sostegno. Ma lui l’ha attuato lo stesso. C’è però una cosa che l’amministratore di sostegno non può fare: sostituirsi alla volontà di una persona». La figlia di Dora non si arrende: «Faremo di nuovo istanza affinché venga cambiato l’amministratore di sostegno», spiega al Tirreno .
E non si tratta di un “capriccio”: «Nella relazione del Servizio sociale di Camaiore si legge che mia madre può rientrare al proprio domicilio. Ma si chiarisce anche che rimane in lista d’attesa per una Rsa convenzionata più vicina. Ho davvero paura che si debba ricominciare tutto da capo e che la volontà di mia madre finisca di nuovo per non contare niente». Perché la storia di Dora pone una questione con la quale si fa difficoltà a confrontarsi: il diritto dei vecchi a essere ascoltati, per dirla con le parole di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Commissione per la riforma dell’assistenza socio-sanitaria degli anziani. Ascoltati anche quando nelle Rsa – spesso gestite da cooperative, in alcuni casi anche colossi dell’assistenza che danno lavoro a tante donne che altrimenti non lo troverebbero – non ci vogliono proprio andare a vivere e tantomeno a morire. In una «società che spesso idolatra le libertà» ma «costringe gli anziani alla volontà altrui», sono le parole che monsignor Paglia ha affidato al Corriere della Sera con un intervento a propria firma. Può davvero accadere a tutti, quanto successo a Dora. La quale, con la sua resistenza all’inevitabile, ci ha costretto a guardare – tra un selfie e l’altro di eterna giovinezza quotidiana – là dove nessuno vuole vedere: il divenire vecchi. A testa alta, con dignità.