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La riflessione

Olocausto, l’importanza di non dimenticare

di Viola Luti*
Olocausto, l’importanza di non dimenticare

La storia è ciclica e l’uomo conserva immutate certe dinamiche. Ecco perché è importante riflettere sull’essenza del male

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La storia è ciclica perché l’essere umano mantiene le dinamiche della sua condizione, pur evolvendosi nei campi scientifici e conoscitivi. Maturano i contesti delle azioni ma non la natura.

A ottant’anni dal termine dell’Olocausto, più che mai dobbiamo riflettere circa l’ “essenza del male” e le declinazioni che potenzialmente possiede in ogni individuo.

Ad Auschwitz la vasta quantità numerica di cervelli e cuori, di esistenze ed esistenza si è trasfigurata nella morte della verità, bontà e bellezza. Auschwitz è un singolo tra i numerosi Lager, che incarna il trionfo della mediocrità dell’uomo, dell’incoscienza e dell’indifferenza complessiva; frutto di una tendenza puramente umana, che porta gli esseri umani a non esseri tali.

Il 27 gennaio si ricorda lo sterminio ebraico perpetrato dal Terzo Reich di Hitler, tentando ancora di comprenderne la causa. Evento di massima tragicità, la cui disumanità assoluta dovrebbe fungere da strumento di analisi e riflessione circa la nostra natura. Da parte dei responsabili, tale disumanità è definita dalla perdita della massima peculiarità dell’uomo: la capacità di pensare. La mancanza di amore e gentilezza è consecutiva alla degenerazione dell’intelletto. Viceversa, l’odio antisemita che ha concepito e ancora concepisce persone come bestie deplorevoli, degne di perire, ridusse nella maggior miseria del corpo, della mente e dell’anima.

Una chiave di lettura fondamentale di questo capitolo nella storia dell’umanità la cogliamo in una delle tematiche più complesse e centrali: il male, il bene e la definizione di giustizia.

Alcune idee interessanti sono offerte da Hannah Arendt, grandissima pensatrice politica tedesca di origini ebraiche, nel suo libro “La Banalità del Male”, resoconto del processo avvenuto a Gerusalemme nel 1961 del funzionario nazista Adolf Eichmann: «Le sue azioni erano dettate non tanto da convinzioni ideologiche profonde, quanto dalla sua cieca adesione a una logica burocratica». Per Eichmann, tutto ciò che faceva era normale perché era ordinato. Il fenomeno era sconosciuto agli stessi accusatori: non stupidità, ma una strana, autentica incapacità di pensare. Questa incapacità di pensare creava una situazione che mi sembrava non solo concettualmente ma anche moralmente inquietante: la possibilità che molti uomini, non essendo né perversi né sadici, ma semplicemente incapaci di pensare, potessero diventare i più terribili criminali. L’essere umano ha potenzialità creativa. Capacità di creazione, distruzione e comprensione. Adolf Eichmann non fu un mostro, ma bensì un individuo comune e mediocre la cui assenza di discernimento, assieme a quella di ogni altro individuo che ha scelto di non scegliere, ha contribuito alla realizzazione di ciò che stiamo ricordando. La responsabilità non è associabile ad una crudeltà inconcepibile, ma bensì ad un’incoscienza impedente di concepire.

Assenza complessiva di verità nella divulgazione, nelle idee e non idee, nell’assenza di giustizia e logica razionale. Nel pensiero platonico solo chi comprende può essere giusto e vivere giustamente. La scienza è tale se insegna anche la sua applicazione. La scienza è verità, bellezza e bontà.

Pertanto, è utile osservare come un evento di simile portata sia ambientato in uno dei secoli definito da maggiori rivoluzioni e studi scientifici, al principio dell’odierna società.

L’incredulità ed il rifiuto sono avversi alla memoria. L’oblio è la condizione necessaria e sufficiente affinché la storia si ripeta.

Ciascuno ha straordinarie possibilità e responsabilità. Non c’è alcun evento storico che, adattato al tempo, non possa ripresentarsi. Maturiamo gli anticorpi che la storia ci offre e la consapevolezza della nostra condizione.

Nikola Tesla, grande scienziato proferì la seguente affermazione molto evocativa: «La scienza non è nient’altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’umanità».

Dunque, se questo è un uomo, se questa è scienza, pensiamo, studiamo e comprendiamo. Creiamo senza distruggere, evolviamoci senza regredirel

*Studentessa III A Liceo E. Majorana di Capannori
 

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