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Esplosione a Calenzano, l'autista amico di una delle vittime: «Potevo essere morto io, ecco quali sono i rischi del nostro lavoro» – Video

di Martina Trivigno

	La manifestazione di protesta a Livorno e l'autista David Rossetti (Foto Franco Silvi)
La manifestazione di protesta a Livorno e l'autista David Rossetti (Foto Franco Silvi)

Tanti colleghi oggi alla manifestazione organizzata davanti alla raffineria Eni alla periferia di Livorno: «Il problema è l’innesco, erano in corso interventi di carpenteria»

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LIVORNO. «Con Davide Baronti eravamo a pranzo insieme domenica. Felici, con le nostre famiglie. Ora al suo posto potevo esserci io». David Rossetti, autista della Mavet di Campi Bisenzio, scuote il capo. È davanti alla raffineria Eni di Livorno insieme a tanti colleghi distrutti, proprio come lui, da un dolore troppo grande. Dilaniante, inaccettabile. Così alza lo sguardo al cielo, come per rivolgere un pensiero a lui, Davide, quel collega e amico che non rivedrà più. La pioggia battente cade sul suo volto, confondendosi con le lacrime. No, non doveva andare così. Non doveva succedere. «Né a Davide, né a nessuno degli altri che hanno perso la vita o sono rimasti feriti», sottolinea Rossetti.

Oggi gli autisti (circa una sessantina) delle diverse aziende di autotrasporto che lavorano in appalto per Eni hanno incrociato le braccia per tutta la giornata; domani poi, alle 14, 30, parteciperanno alla manifestazione a Calenzano, in piazza Vittorio Veneto, organizzata da Cgil, Cisl e Uil. Eppure nulla, per loro, sarà più come prima. «Oggi (ieri per chi legge, ndr) è il giorno del dolore e cordoglio, non di agitazione. Siamo distrutti per aver perso un collega, anzi un amico – racconta Rossetti – . Per caso è capitato a lui, ma al suo posto avrei potuto esserci io. O chiunque altro. Andiamo spesso in quel deposito a Calenzano per caricare le autocisterne di carburante: io, l’ultima volta, ci sono stato giovedì. Questa tragedia mi colpisce da vicino, ferisce tutti noi».

Chi trasporta sostanze pericolose sa di dover convivere ogni giorno con il rischio. Ed è per questo che, in questo settore – come spiega Giuseppe Gucciardo, segretario generale della Filt-Cgil di Livorno – , gli autisti sono molto esperti, con alle spalle almeno 20 anni di professione. «Il nostro lavoro consiste nel caricare le autocisterne di carburante (perlopiù benzina e gasolio) e consegnarlo nella rete toscana dei distributori – prosegue a raccontare Rossetti – . La nostra giornata lavorativa inizia alle 5: il pomeriggio precedente all’inizio di un nuovo turno riceviamo da parte dell’azienda una programmazione fatta di concerto con il committente. Così, al mattino, saliamo a bordo del nostro mezzo che di notte resta parcheggiato al sicuro, in un piazzale dell’azienda, con la cisterna rigorosamente vuota. A quel punto carichiamo il carburante, o alla raffineria o al deposito Eni, a seconda del programma della giornata. A fare la differenza è dove il carburante dovrà essere distribuito: in pratica Livorno è la base di partenza per la zona costiera, Calenzano il “quartier generale” per la Toscana centrale o meridionale». Quindi, gli autisti entrano, caricano ed escono. Operazioni semplici all’apparenza, ma nel tempo Rossetti ha imparato quanto quel lavoro possa essere pericoloso. «Il rischio infatti c’è sempre, eppure non abbiamo alcun indennizzo aggiuntivo, ma guadagniamo quanto gli altri autisti di camion che, ad esempio, trasportano cibi o bevande – sottolinea l’autotrasportatore – . Non ci è riconosciuto niente di tutto questo nonostante, ogni cinque anni, la legge ci imponga di spendere circa 1.000 euro di tasca nostra per rinnovare delle certificazioni di sicurezza».

Sulla tragedia di Calenzano, sono tante le domande senza risposta così come le incognite. Ma una sua idea sulla tragedia Rossetti se l’è fatta. «È presto per avere delle risposte ma lì, a mio avviso, il problema è stato l’innesco – conclude l’autista della Mavet – . Quando si carica, infatti, i vapori sono ovunque. E un mio collega che lavora spesso nel deposito mi ha riferito che erano in corso degli interventi di carpenteria intorno a una baia di carico. E in questi casi, si sa, il ferro produce scintille e le scintille sono inneschi». Ma al di là delle ipotesi, ancora tutte da accertare, resta ora soltanto tanto dolore. «Mi auguro che il problema della sicurezza sia affrontato con maggiore fermezza – conclude Rossetti – anche se le aziende per cui lavoriamo spendono molto in materiali e strumentazioni. Questa tragedia, però, ancora una volta ci dà una lezione terribile: “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”». Appesi a un filo, sottilissimo, che può spezzarsi da un momento all’altro.

 

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