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Influenza australiana, il virologo Pistello: «Sarà più aggressiva, i casi destinati ad aumentare»

di Francesco Paletti

	Una donna a letto con i sintomi dell'influenza (foto d'archivio)
Una donna a letto con i sintomi dell'influenza (foto d'archivio)

Intervista al direttore dell’Unità operativa di virologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana il quale consiglia la vaccinazione: quali sono i sintomi e la terapia

05 novembre 2024
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«L’influenza australiana? Per ora in Italia, i casi sono pochissimi, ma è sicuro che aumenteranno in misura esponenziale». Non ha dubbi Mauro Pistello, ordinario di Microbiologia dell’Università di Pisa e direttore dell’Unità operativa di virologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana. L’H3N2, la variante australiana e più virulenta dell’influenza stagionale, è destinato ad aumentare. «Non saprei darle un ordine di grandezza, ma crescerà tantissimo rispetto alla situazione attuale».

Adesso di quanti casi parliamo?

«Bella domanda. A livello nazionale non più di tre o quattro e nessuno nella nostra regione. Però, attenzione, stiamo facendo riferimento solo a quelli conosciuti».

È possibile, quindi, che il dato reale, già oggi, sia superiore?

«Penso che sia molto probabile. Anche se non siamo in grado di dire di quanto».

Si spieghi.

«La sintomatologia della cosiddetta “australiana” è molto simile a quella di una normale influenza. Cambia solo l’intensità e la virulenza dei sintomi: la febbre è più alta della media, fra i 38 e i 40 gradi, accompagnata da tosse più intensa e dolori muscolari e articolari più acuti. La conseguenza è che, se un paziente non ha bisogno delle cure ospedaliere, è impossibile che l’H3n2 venga diagnosticato».

Per quale motivo?

«Per capire se si tratta o meno di “australiana” non basta il normale tampone. Per stabilirlo serve la caratterizzazione, un’analisi di laboratorio che si fa in strutture specializzate come quelle ospedaliere».

Perché ritiene che sia destinata ad aumentare?

«Intanto perché quello ci suggerisce l’esperienza in Australia, l’area del pianeta in cui l’H3N2 si è palesata per la prima volta. Poi perché i virus influenzali diventano più virulenti con l’abbassarsi delle temperature e per adesso da noi il clima è stato mite, anche se è logico supporre che il freddo si destinato a intensificarsi».

Dunque bisogna preoccuparsi o c’è un allarmismo eccessivo?

«Un po’di sana cautela è giustificata, soprattutto nei confronti di anziani, ma anche a chi ha patologie oncologiche o reumatiche oppure è immunodepresso».

Sono i soggetti più a rischio?

«È ovvio che se si tratta di persone con patologie pregresse di una certa rilevanza il quadro può complicarsi».

È vero che l’H3N2 può colpire anche il cervello?

«Ho letto anch’io la notizia. Ma sinceramente non mi risulta che, almeno in Australia, via sia stato un particolare coinvolgimento del sistema neurologico centrale. Ma vale quanto abbiamo detto poco fa...».

Ossia?

«Se il paziente colpito dal virus aveva già patologie neurologiche rilevanti, è possibile che vi possa essere un impatto, anche se l’eventualità mi risulta sia rarissima».

Come si cura l’australiana?

«Gli antivirali antinfluenzali sono sicuramente la terapia più efficace: hanno una notevole capacità di controllare e anche stroncare il virus. Il problema è la tempestività».

In che senso?

«Sono farmaci che vanno presi entro due o tre giorni al massimo dalla comparsa dei primi sintomi, altrimenti servono a poco o nulla».

Nel caso si sia “fuori tempo massimo” caso che si può fare?

«Aspettare che passi (sorride ndr) . Magari aiutandoci con altri farmaci per alleviare i sintomi: tipo tachipirina o simili».

La vaccinazione aiuta?

«In termini di prevenzione è fondamentale. Contiene un virus molto simile all’H3N2 che dà un’istruzione di massima al nostro sistema immunitario, il quale, quindi, sarà in grado di rispondere meglio in caso di contagio. La consiglio ai pazienti più fragili, per età o per patologie pregresse. Ma anche a coloro che li frequentano».

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