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Pronto soccorso in Toscana, lo specializzando controcorrente: «Solo qui fai la differenza per la vita delle persone»


	Maurizio Villanti
Maurizio Villanti

Maurizio Villanti, 32 anni: «La fuga da questo lavoro? Il problema non è lo stipendio»

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FIRENZE. Se il trend generale è di stare alla larga dalla specializzazione in medicina di emergenza urgenza, Maurizio Villanti, 32 anni, originario di Bagno a Ripoli, è uno specializzando controcorrente. Quattro anni fa, in piena emergenza Covid, quando medici e infermieri morivano per curare i primi pazienti contagiati - non c’erano ancora vaccini - lui, fresco di laurea, ha scelto proprio di fare il medico del pronto soccorso. «In realtà non l’ho scelto in quel momento: l’ho sempre voluto fare, sin dall’università», racconta.

E sulla fuga degli specializzandi non ha dubbi: «Il problema non è la remunerazione. Uno stipendio di medico di pronto soccorso supera i 3mila euro, con le notti. Se ti dicessero: niente più aggiuntive obbligatorie, si torna a fare tre-quattro notti invece di sei, come è ora, credo che tutti sarebbero d’accordo. Ora l’attenzione è sulla qualità di vita. Il problema è che mancano personale e spazi per lavorare in un pronto soccorso. È quello che spaventa».

Una scelta per la vita

Cresciuto a Poggio a Caiano, ora a Pistoia, mamma agente immobiliare in pensione e babbo orditore, titolare di una ditta, Villanti sta per cominciare il quinto anno di specializzazione all’università di Firenze, dopo essere stato tra i primi a laurearsi con sessione telematica, sempre per il Covid.

«Il punto è che la scelta della specializzazione è un momento molto delicato - spiega -. Ho visto tanti studenti entusiasti a Medicina, ma che non avevano ben chiaro cosa fare nella specialistica. E un po’ mi ci ritrovo: è una scelta grande per la tua vita. Io cercavo una specializzazione che mi permettesse di guardare un po’ tutto del paziente, che avesse un impatto sulle persone. Quello del medico è uno dei lavori che dici: mi sveglio e non vado solo a lavorare, ma a fare qualcosa per le persone. Fare la differenza per la vita delle persone».

Paga bassa? No…

Che il motivo della la fuga degli specializzandi sia l’impossibilità di lavorare nel privato non lo convince molto. «Non penso che sia una lettura che racconti tutta la verità - dice -. Certo, valuti le domeniche a casa, il peso del lavoro. Però alla fine emergenza urgenza è bella, e non è vero che si guadagna meno che nel privato: lavori la notte, la domenica. E per questo vieni pagato in più».

Qualità della vita

Ma allora perché tanti hanno smesso di cercarla? La risposta è un’analisi lucidissima di chi il pronto soccorso lo vive tutti i giorni, come appunto gli specializzandi: «La cosa brutta che allontana è che si lavora con ritmi forsennati, gli accessi sono sempre più alti. Se una persona sta male, non riesce a contattare medico di base e ha bisogno di risposta ora, va al pronto soccorso. A volte, quindi, devi gestire malati semicronici. Se arriva il paziente, non lo puoi mandar via, che ce ne siano 10 o 100. Il medico che magari fa radiologia deve fare otto ecografie al giorno e otto ne fa; a Medicina se ci sono 12 letti, quelli sono, non mettono i letti a castello».

Problema strutturale

La questione, secondo il suo punto di vista, è strutturale. «Il problema è che non puoi permetterti di lavorare con la cura che vorresti. Devi ottimizzare. Diventi uno specialista della gestione del tempo». Questo però non lo spaventa. «Il punto è lavorare al meglio delle proprie risorse. Tutti i medici del pronto soccorso sono ottimi clinici; il problema non è non saper riconoscere l’infarto: tutti sono in grado di farlo. Il problema è avere otto o dieci persone in carico contemporaneamente, di cui magari quattro gravi. Se ci fossero infermieri in più, medici in più, avere sei persone invece di dieci, lavoreresti in modo diverso». Insomma: «La prospettiva non è dare 100 euro in più durante la specializzazione; mi sembra uno specchietto per le allodole; dopo cinque anni finisce. Assicurazione gratuita che ti ripara da contenziosi e aumento di borsa di studio dovrebbero essere la ciliegina sulla torta, non la torta».

La figura del medico

E poi c’è anche una questione di comunicazione: «Il ruolo del medico di emergenza urgenza deve essere attrattivo, non deve essere più visto come "quello buttato lì" in trincea in pronto soccorso. Perché il cardiologo è lo "specialista del cuore" e il medico del pronto soccorso è, appunto, solo "il medico del Ps". Anche il medico del pronto soccorso è uno specialista».

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