Trema la Toscana tra industrie in crisi e lavoratori sempre più poveri: ecco perché la situazione è davvero preoccupante
Aumenta la cassa integrazione nella manifattura. La Cgil lancia l'allarme: «Analizziamo i numeri, la gente ha finito anche i risparmi»
Alla Magna di Guasticce, a Livorno, i lavoratori hanno indetto uno sciopero degli straordinari e di un’ora di lavoro. La situazione dell’azienda ma, in realtà, dell’intero settore dell’automotive è complessa. E anche nervosa. La mobilitazione è frutto dell’annuncio del trasferimento di una linea di produzione in Macedonia e, riferisce il sindacato, al momento della consegna del comunicato dei dipendenti, «il dirigente aziendale si è permesso di strappargli il comunicato in faccia». Siamo alla Magna, in tutto 600 dipendenti, ma potremmo raccontare episodi di tensione, negli ultimi mesi, per ogni città per cui è facile snocciolare un elenco di gravi crisi aziendali o di distretto. Difficoltà strutturali, legate ad emergenze (come il tessile di Prato e il vivaismo di Pistoia che ancora contano i danni dell’alluvione) ma spesso legate al contesto economico internazionale che ha portato l’economia toscana a una fase di forte rallentamento. Lo è, del resto, tutto il Paese e la nostra regione non si distingue dal gruppo. Il Pil in Toscana è lievemente superiore rispetto all’Italia con un +0,7% contro un +0,6%. Meglio, per il momento, le esportazioni che sono rallentate nel corso del secondo e terzo trimestre dell’anno. E anche per la Toscana, ha sottolineato Nicola Sciclone, direttore dell’Irpet durante la presentazione dello studio annuale delle dinamiche congiunturali, ha pesato «il freno alla manifattura dato dall’indebolimento della domanda per le più difficili condizioni imposte dalla stretta monetaria e dall’inflazione».
Tremano la manifattura e i lavoratori
Anche l’espansione, è ancora l’Irpet a dare i numeri, non si è fermata e non sono mancati i segnali di una congiuntura incerta. «Sono in calo i contratti di apprendistato; cresce il lavoro in somministrazione nell’industria e quello parasubordinato nei servizi; aumentano le ore di cassa integrazione», si legge nella relazione del direttore. E se i numeri non aiutano ad avere l’esatta cognizione del contesto lo danno le difficoltà che stanno attraversando i distretti di pelletteria, calzature, lavorazione dei metalli, industria cartaria, chimica, gomma, plastica, concia e carta, tutti caratterizzati da un aumento della cassaintegrazione. Il settore dei brand e del lusso sta soffrendo e anche Scandicci, polo della moda italiana, per la prima volta sembra vivere un periodo di crisi. «Il settore – commenta il sindaco Sandro Fallani – ha trascinato l’economia del Paese con dati positivi a doppia cifra per anni. Le aziende di Scandicci, da sole, hanno assunto negli ultimi cinque anni 4.000 persone. Oggi stiamo vivendo un calo della domanda e un aumento della cassa integrazione». Rossano Rossi, segretario regionale della Cgil Toscana è uno di quei sindacalisti che insieme ai numeri non ha mai dimenticato di confrontarsi con le persone. «In linea generale si parla di occupazione con saldo positivo – commenta – ma si dovrebbe andare dentro i numeri: anche i part time sono a tempo indeterminato e i conti andrebbero fatti sulle ore lavorate. Si scoprirebbe che la precarietà la fa da padrona, che i salari sono bassi e che il calo del potere d’acquisto sta portando numerose famiglie toscane verso la povertà».
Sono finiti i risparmi
«Si stanno erodendo, ormai da dopo il Covid, i risparmi e l’aumento dei tassi di interesse è stato devastante. Le famiglie e gli imprenditori coraggiosi che vorrebbero investire andrebbero aiutati. L’Italia si sta impoverendo e la Toscana anche. Non riesco a essere ottimista, non sono rassegnato ma molto preoccupato per un Paese che sta scivolando verso il basso». E proprio per il tema tassi di interesse Luca Spataro, direttore del dipartimento economia e management dell’università di Pisa, si dice invece «moderatamente ottimista». «La Bce – commenta – dovrebbe arrivare alla riduzione dei tassi nella seconda metà del 2024 e questo dovrebbe rilanciare in qualche modo gli investimenti delle imprese e ridurre gli oneri delle famiglie indebitate. Se sarà sufficiente a rideterminare economia italiana e europea non posso dirlo. C’è da capire cosa accadrà con le crisi internazionali in corso e se la riforma fiscale contribuirà a rilanciare i consumi». Continua l’economista: «In Italia i distretti soffrono della concorrenza internazionale sempre più agguerrita, dall’altra parte del rallentamento delle economie avanzate come la Germania. Situazioni che hanno causato le difficoltà dei distretti industriali italiani e toscani. C’è inoltre un tema congiunturale legato alla domanda e all’aumento delle materie prime con le imprese che cercano riallocazioni vantaggiose a livello economico e fiscale. Non vanno poi dimenticati i due conflitti con la crisi del Canale di Suez che ha un impatto sugli approvvigionamenti e sui costi dei materiali importati».
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