Il Tirreno

Toscana

L'analisi

La sfida è una battaglia socio-culturale

di Giovanna Bellini *
La sfida è una battaglia socio-culturale

Il monito: chi non si ama più è uno sconosciuto, non accettate di incontrarl

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All'uscita della notizia della irreperibilità di un ragazzo e una ragazza, insieme all’auto di lui, non avevo commentato perché c'erano due famiglie in struggente attesa, quelle di Giulia Cecchettin e di Filippo Turetta, che meritavano rispetto. E, soprattutto, c’erano indagini in corso.

La storia di questi due ragazzi, così come veniva raccontata, una separazione tra i due voluta da lei, lui indietro negli studi, lei con progetti, sogni, aspettative; lui pervasivo, possessivo, temeva che lei si allontanasse anche geograficamente; la vicinanza della laurea di lei e la sua irreperibilità hanno fatto pensare subito che la notizia degli "ex fidanzati scomparsi", per chi si occupa di queste dinamiche, si configurasse come ricerca per tentare di impedire un femminicidio o femminicidio suicidio. Questo è chiaramente un omicidio premeditato, nato con un sequestro, in una relazione tossica, che aveva tutti i segnali predittivi infausti da manuale, in cui la vittima stava cercando di distaccarsi. Per questi omicidi, aumentare la pena non è un deterrente, il movente che muove questi crimini e arma e innesca la progettazione della distruzione della donna non viene scalfito da alcuna circostanza; la progettazione giorno dopo giorno si affina e viene messa in atto alla prima occasione. Occorre ricordare che non si deve accostare la parola amore a certi crimini. Sebbene il diritto di difesa sia sacro, non è più tollerabile che qualcuno continui ad associare ai colpevoli espressioni come “bravo ragazzo”, “troppo amore”, “soffriva troppo per la separazione”, “aveva fatto tutto per lei”, e questo neppure e soprattutto da parte degli avvocati di fiducia. Alcune espressioni sono nuove pugnalate dirette alla vittima, alla sua famiglia e ai professionisti che combattono violenza e stereotipi culturali. La parola “amore” non va pronunciata o associata a dinamiche criminali. Dobbiamo continuare nella nostra battaglia di cultura sociale e diffusione di educazione all'interazione con soggetti problematici in scuole e famiglie. Le parole sono importanti, sono fuorvianti a volte, e diventano specchio di una società; usiamo le giuste parole, non si trattava di "ex fidanzati scomparsi" ma di una "ragazza scomparsa con il suo ex", non è uguale.

Ci sono sempre più uomini violenti, incapaci di subire un rifiuto, o ci sono sempre più donne indipendenti, e tanto sicure che il loro lui o ex lui non le farà mai del male? E talora pervase da un senso di colpa che deriva da retaggio socioculturale che attribuisce alla donna l’accudimento? C’è una forte base culturale ancora arcaica che scricchiola davanti alla sempre maggiore indipendenza e autonomia della donna.

Se vogliamo meno femminicidi la sfida è una costante battaglia socioculturale multidisciplinare e un aumento della specializzazione di tutti i professionisti impegnati. A tutte dico, dareste fiducia a uno sconosciuto? Salireste in auto con uno sconosciuto insistente? Dareste un appuntamento a uno sconosciuto che piange e vi chiede un ultimo incontro? No. A un centro punto la persona che abbiamo avuto vicino a lungo è diventata diversa, sconosciuta; non la vogliamo più vicino. Fate come fareste con uno sconosciuto: state lontane.

*Neurologa all’ospedale di Livorno. Docente di criminologia a Roma
 

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