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Superbonus, pro e contro: ecco perché gli obiettivi non sono stati raggiunti

di Alessandro Volpi *
Superbonus, pro e contro: ecco perché gli obiettivi non sono stati raggiunti

Pesanti gli oneri sui conti pubblici: «Spesi circa 110 miliardi di euro che hanno riguardato 300mila edifici, poco più del 3%»

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Il Superbonus edilizio è stato concepito come strumento per favorire il miglioramento della qualità energetica e l’impatto ambientale del patrimonio immobiliare italiano e, al contempo, per svolgere una funzione anticiclica di contrasto alla crisi dell’economia del paese. Questo obiettivo è stato centrato solo in parte, come dimostrano i dati del Pil, e soprattutto ha implicato un onere pesante per i conti pubblici. Per il Superbonus lo Stato ha speso infatti circa 110 miliardi di euro che hanno riguardato soltanto 300 mila edifici, poco più del 3% del patrimonio immobiliare complessivo.

A moltiplicare la spesa hanno contribuito in particolare alcuni fattori. In primo luogo è stato estremamente esteso il perimetro dei destinatari della misura; ne possono beneficiare anche i possessori di immobili non residenti in Italia, vale per due unità immobiliari e si porta dietro il mercato della cessione dei crediti. Proprio questo aspetto della cartolarizzazione dei crediti costituisce il secondo punto dolente. Per effetto di una condizione che avrebbe dovuto facilitare le operazioni di ristrutturazione edilizia, si è verificata una vera e propria sequenza di truffe generata dai meccanismi di cessione dei crediti, destinate a rendere possibile, in particolare con la normativa originaria, una vasta serie di intermediazioni capaci di lucrare sulle cessioni in quanto tali in maniera del tutto svincolata rispetto all’agevolazione delle reali ristrutturazioni.

Con la cessione dei crediti si è riattivato l’insidioso "mercato" delle cartolarizzazioni, che tanti disastri ha scatenato nel nostro Paese, e non solo. L’errore originario è stato quello di aver concepito un meccanismo di cessione dei crediti fiscali, maturati per effetto dei bonus, senza aver messo alcun limite e senza aver neppure avviato il minimo dei controlli. È accaduto così che nel giro di pochissimo tempo si è assistito alla creazione di una montagna di crediti, derivanti da lavori edilizi di cui non erano chiari i reali profili, che venivano "venduti" a più riprese, passando di mano in mano senza alcuna verifica. In pratica la cessione del credito ha originato una sorta di moneta parallela a cui è stato attribuito un valore diverso a seconda dei momenti in base a operazioni spesso di chiara natura speculativa.

C’è poi un terzo nodo critico legato al Superbonus e rappresentato dall’inevitabile spinta all’inflazione che una simile misura ha contribuito a scatenare. La concentrazione in pochissimo tempo di tanti lavori di ristrutturazione, in una fase di forte ripresa inflazionistica, ha fatto ulteriormente impennare il prezzo dei prodotti necessari, a cui si è legata peraltro una proliferazione di ditte più o meno credibili. Nel giro di pochi mesi sono nate 11mila nuove imprese, moltissime delle quali inventate di sana pianta, che non applicano il contratto edile e, purtroppo, non rispettano nessuna delle regole sulla sicurezza, contribuendo a generare una vera e propria bolla. A questi fattori bisogna aggiungere che tradurre i crediti edilizi in minori imposte pagate significa un minor gettito per lo Stato difficilmente quantificabile perché non sarebbe agevole distinguere tra crediti veri e crediti più o meno fasulli, con il rischio di una riduzione delle entrate dello Stato ben superiore al valore dei crediti reali.

* Università di Pisa

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