Una nuova Iri per realizzare le riforme
La pandemia, ma non solo, ha evidenziato l’importanza della trasformazione digitale dell’Europa e la necessità di armonizzare gli obiettivi della difesa, nei settori dell’alta tecnologia, con la politica tecnico-scientifica nazionale Negli anni a venire, le scelte politiche del Paese dovranno marciare di pari passo con la necessità di sviluppare prodotti e sistemi basati su competenze tecnologiche distintive per creare un vantaggio competitivo strategico.
Negli anni a venire, le scelte politiche del Paese dovranno marciare di pari passo con la necessità di sviluppare prodotti e sistemi basati su competenze tecnologiche distintive per creare un vantaggio competitivo strategico. La sicurezza economica è una questione di interesse nazionale e richiede il governo di un patrimonio di conoscenze scientifico-tecnologiche e industriali che consentano lo sviluppo di prodotti e sistemi armonizzati con detto interesse. Monitorare e aggiornare lo stato dell’arte tecnico-scientifico è la chiave per il presidio della posizione internazionale del nostro Paese tra quelli a più alto livello tecnologico e di rango strategico rilevante. È auspicabile che lo Stato definisca grandi obiettivi nazionali a cui orientare i propri strumenti di politica industriale, e che si utilizzi una buona parte dei finanziamenti del Pnrr per realizzarli. Ma ciò richiede una macchina organizzativa ben oliata e funzionate e contestualmente un cambio di passo in termini di innovazione nell’esercizio della funzione e del ruolo dello Stato nell’economia che ne ampli il perimetro e ne rafforzi gli strumenti a disposizione. La normativa golden power è nella giusta direzione ed oggi ne è l’evidenza maggiore. Lungi dall’essere una limitazione della funzione del pubblico, questo implica un salto di qualità per lo Stato: da una vocazione orientata alla mera gestione del bene pubblico a una capacità di disegno e indirizzo più agile ed efficace dei processi economici e produttivi.
A distanza di 90 anni dalla nascita dell’Iri e per contrastare le difficoltà attuative dei fondi Pnrr, potrebbe oggi prendere forma un ente con obiettivi e governance improntati alla medesima filosofia ispiratrice, ma con una prospettiva differente: una sorta di regia strategica e di cabina operativa allo stesso tempo, per usare un acronico in linea con i tempi un I4R (Istituto di regolazione per le riforme, la ripresa e la resilienza), che in qualche modo regoli con poteri speciali e sovraintenda l’attuazione delle riforme per la ripresa e la resilienza mediante il coinvolgimento delle principali aziende a partecipazione pubblica, molte delle quali ad elevato contenuto tecnologico.
L’Italia può dotarsi di una strategia industriale di lungo periodo. Tuttavia, per favorire l’innovazione e gli investimenti per la competitività, è richiesto un ambiente favorevole a cogliere le opportunità di investimento e a rafforzare, rinnovandolo, il ruolo dello Stato. Occorre una pubblica amministrazione che si arricchisca di dynamic capabilities, ovvero quelle capacità dinamiche che consentono di riconfigurare, riorganizzandolo celermente, il proprio profilo strategico in ragione dei cambiamenti che intervengono nell’ambiente. Lo Stato diviene strategico quando coltiva e sviluppa le dynamic capabilities: la pubblica amministrazione ha bisogno di intelligenze adeguate, conoscenze specifiche e strumentazione innovativa, il rischio è che altrimenti la sua azione si limiti ad interventi di tamponamento o di carattere assistenziale e che il rapporto fra Stato-Impresa si faccia stantio e poco trasparente. La resilienza e la crescita economica non possono essere le vittime illustri.
* professore di Strategia e management per i sistemi complessi della Scuola Imt Alti Studi di Lucca