Il Tirreno

L’addio

Salsicce e bara “green”, il funerale laico di Oliviero Toscani nella sua campagna toscana – Foto

di Ilenia Reali
Oliviero Toscani e due momenti del funerale laico
Oliviero Toscani e due momenti del funerale laico

Gli amici e la famiglia hanno ricordato il fotografo-provocatore tra i suoi cipressi a Casale Marittimo. La figlia Alì è arrivata a cavallo ricordando il padre prima della dispersione delle ceneri: le sue parole

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CASALE MARITTIMO. Lo diceva ridendo: «Quando morirò porterete la mia bara in spalla fino alla collinetta sotto i cipressi. E siccome vorrò rompere i cogl... anche da morto, dentro la bara ci metterete i sassi. Così pesa». Diavolo di un Oliviero Toscani, i tuoi amici ieri pomeriggio, giovedì 16 gennaio, ti hanno accontentato nell’ultima pazzia e la tua bara l’hanno riempita davvero di sassi e rami di olivo, frutto della campagna che tanto amavi, e ti hanno portato su. Chissà se pensavi che lo avrebbero fatto davvero.

Il messaggio nell'invito

Più o meno una processione di due chilometri, strada ripida e con i meno allenati col fiato spezzato. Ma tutti lì per quello che è stato un arrivederci strampalato con gli inviti mandati per WhatsApp ad amici e conoscenti, famosi o semplici sconosciuti al mondo ma che frequentavano casa e fattoria del noto fotografo. E lui lì, in foto, a cavallo, libero nel vento, senza il corpo debilitato e impedito nei movimenti da una malattia che negli ultimi mesi gli aveva tolto la voglia di vivere. “Viva Oliviero”, recita l’invito. Uno slogan, una chiara indicazione di quello che avrebbe dovuto essere il clima.

Nessuna comunicazione ufficiale per quella che è stata una festa, un funerale di campagna, scarponi pesi e cappelli di lana, camicie di flanella a quadri. Poche lacrime, molte battute e parecchia emozione ma il tutto stemperato dal brunch, salsicce e rosticciana, una bella braciata per dirla alla livornese. Sul poggio c’era un po’ di vento quando sono state disperse le ceneri. La figlia Alì, quella che ha ereditato l’amore per la fotografia e la curiosità per il mondo, è arrivata a cavallo e non scendendo dalla sella ha ricordato il padre. «Gli ultimi giorni, quando sapevi che saresti morto – ha detto – hai chiesto a noi figli di ricordarti facendo insieme una passeggiata a cavallo. E mentre eravamo lì la tua mancanza è tornata ad essere presenza. Io mi sono accorta che eri nel vento, nella luce, nel tramonto. C’eri ancora». E sembra che Toscani fosse anche lì, a Casale Marittimo, nella fattoria, ieri.

Dalle foto alla musica

Racconta chi c’era: presenza nelle cose che ti piacevano, negli amici (solo quelli che ti volevano bene davvero o ne volevano ai tuoi figli), con gli olivi, le tue fotografie preferite, le selle sistemate una sopra l’altra, i cavalli e la musica di Bob Dylan. Tutto intorno nastri colorati, da appendere a piacere. Agli alberi, agli abiti. Bandierine come nel Far West o a una festa semplice, da sagra paesana. Addetto alla brace, che non è affatto un compito secondario, era Paolo Parisi, allevatore-cow boy del Pisano, re indiscusso della produzione di uova. Con lui Oliviero Toscani non ha mai smesso di confrontarsi. «Son qui da Oliviero», ha risposto al telefono. «Non posso lasciare, sono alla griglia. Si fa qualcosa da mangiare». Sì, ma Oliviero? «È stato il mio mito da quando avevo 19 anni. Mi ha regalato la sua amicizia ed io non ho mai trovato nessuno come lui».

Casale Marittimo

A Casale Marittimo c’erano 200-250 persone: impossibile distinguere i volti noti, dagli amici dei paesi vicini. C’erano, tra gli altri, Marco Cappato («Certo – dichiarò il fotografo qualche mese fa – vivere così non mi interessa. Bisogna che chiami il mio amico Cappato, lo conosco da quando era un ragazzo. Ogni tanto mi vien voglia. Gliel’ho detto già una volta e lui mi ha chiesto se sono scemo»); Gad Lerner («Che fosse un genio nella sua capacità di penetrare la natura delle persone, lo sapevo già. Fa il pazzo ma è un saggio»), commentò così l’intervista al Corriere della Sera in cui Toscani parlò della malattia; Michele Satta, protagonista del vino di Bolgheri; Leonardo Raspini della tenuta Argentiera. E c’era anche Paolo Crepet che, nel viaggio di ritorno verso Roma ieri sera, interrotto dalla linea che andava e veniva, ha parlato di «trent’anni di vita» e ha celebrato i suoi figli, «sono stati straordinari».

«Su quella collina – ha detto – c’erano un sacco di orfani di un uomo forte, di un uomo libero, di un uomo che andava avanti senza cercare consenso, di un uomo oggi introvabile o quasi. Mi ha insegnato che si può essere generosi con gli altri, che si può essere duri mantenendo comunque la dignità».

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