Il toscano che strega Parigi: chi è Alessandro Lucassino, lo chef cresciuto con il maestro Ducasse
Poco più che ventenne, fece le valigie e lasciò Follonica per ripartire da zero pelando patate a Le Jules Verne. Oggi ha un ristorante nel quinto arrondissement di Parigi in cui punta sull’italianità
FOLLONICA. A venticinque anni era già sous chef a Le Jules Verne, il ristorante stellato di Alain Ducasse che guarda Parigi dalla Tour Eiffel. Alessandro Lucassino è fra i migliori cinquanta italiani nel mondo, lo dichiara la recente classifica “50 Top Italy” che pone il Cucina Mutualité al quarantaseiesimo gradino degli indirizzi in cui la tavola italiana esprime il meglio di sé fuori dai confini nazionali. Cavallo di razza cresciuto nel golfo di Follonica, il primo gennaio compirà 33 anni e da un decennio è fra i giovani talentuosi scelti da Alain Ducasse per la sua scuderia.
La partenza avvenne col botto: poco più che ventenne, fece le valigie e lasciò la Toscana per ripartire da zero pelando patate a Le Jules Verne di Ducasse. «Gli anni con Mirko Martinelli all’Oasi mi avevano forgiato – racconta Lucassino – ancora non lo sapevo ma avevo già gettato le basi della grande cucina ducassiana».
Sì, perché come Ducasse anche Martinelli, chef patron dell’Oasi di Follonica, è per una tavola democratica, ossia vicina a tutti e soprattutto per il rispetto della materia prima. Alain Ducasse ad oggi è arrivato ad accumulare 19 stelle, tante da considerarlo il più blasonato al mondo dopo Robuchon, scomparso cinque anni fa ma non prima di averne messe in fila addirittura 32. E dato che i talenti il maestro della cucina francese non se li fa scappare, dopo Le Jules Verne aveva trasferito Lucassino all’hotel del Plaza Athénée (uno dei suoi tre stelle), quindi nel 2021 lo aveva scelto per aprire l’innovativo quanto visionario Salon des Manifactures, a due passi dal Palais Royal. Questa volta alla guida della cucina. «Potevo fare di testa mia, rispettando ovviamente le linee guida di Ducasse. Mi si apriva un mondo», racconta Alessandro Lucassino, oggi trentaduenne a capo di Cucina Mutualité, il ristorante nel quinto arrondissement di Parigi in cui punta sull’italianità. Il locale quest'anno compare per la prima volta nella classifica dominata dal Carpaccio (sempre a Parigi, seguito da Gucci Tokyo e Don Alfonso Toronto), si aggiudica il quarantaseiesimo posto. «Un onore anche perché l’anno scorso era occupato dallo stellato Le George del Four Seasons di Parigi».
Mentre Cucina Mutualité ad oggi non ha ancora la stella. Al bistrò contemporaneo di rue Saint Victor il cui sito accoglie con un “Benvenuto in Italia!”, lo stile francese si mescola a quello italiano e anche un po’ toscano. Ecco perché il classico gnudo qui si accompagna a una crema di zucca e una di gorgonzola, mentre la fregola sarda al salto fa il paio con cozze e alghe, infine il peperoncino calabrese va nella mousse e il vermouth piemontese nel sorbetto al chinotto. Nella linea dei cicchetti tanto apprezzati per l’aperitivo in cui lo Spritz spopola insieme al Negroni, lo chef ha tenuto a dare un tocco di personalità in più replicando una versione moderna dei crostini toscani su cui adagia lardo di Colonnata, mentre da gennaio reinserirà in carta il cavolo nero.
In Francia non è considerato un ingrediente della cucina», racconta lo chef che con la riapertura del 3 gennaio (il ristorante chiude domani per le festività) utilizzerà il cavolo nero per condire la fregola insaporita da anguilla affumicata e gel di clementina bruciata. «Al mercato non lo vendono, è possibile trovarlo solo nei negozi specializzati in prodotti italiani – spiega Lucassino – in Francia è considerato un elemento decorativo, tanto che le siepi dei bellissimi giardini pubblici di Parigi ne sono piene».
Il suo è però un modo di fare cucina italiana lontano dai cliché. Un piatto di cui va fiero? «Il risotto alla lattuga di mare con olive taggiasche e nocciole Piemonte – dice lo chef partito giovane da Follonica per incontrare Alain Ducasse –Si inserisce in un percorso che va verso il vegetale. C’è l’Italia con il risotto in cui inserisco il burro di nocciola e per conferire acidità le olive taggiasche, quindi aceto di Barolo e zeste di lime. Un piatto che adori oppure odi. Un po’ come la mia personalità».