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Olimpiadi 2024

Il toscano Leonardo Fabbri pensa a Los Angeles. «A Parigi amarezza, ma io sogno la medaglia»

di Francesca Bandinelli
Uno dei lanci di Leonardo Fabbri nella finale olimpica di getto del peso (Foto LaPresse)
Uno dei lanci di Leonardo Fabbri nella finale olimpica di getto del peso (Foto LaPresse)

Il lanciatore fiorentino del peso racconta la sua avventura olimpica. «Crouser non è irraggiungibile: tra 4 anni posso chiudere il cerchio»

07 agosto 2024
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Ha accarezzato il sogno di una medaglia olimpica dal primo lancio, quasi 23 metri, in quella manciata di secondi che poi hanno visto i giudici indicarlo nullo. Poi ha fatto i conti con tutto quello che poteva andare storto, compresa la pedana bagnata e la gara non sospesa. Eppure Leonardo Fabbri, lanciatore del peso fiorentino arrivato al quinto posto a Parigi, guarda il bicchiere mezzo pieno. «Non voglio che la medaglia diventi un’ossessione, ma a Los Angeles farò di tutto per portarla a casa». Proverà a cancellare l’amarezza già con le prossime gare di Diamond League, per approdare alle fasi finali di Bruxelles e intanto lavorerà per l’appuntamento del 2028. «A Los Angeles, nel 1984, ha vinto l’oro l’ultimo italiano, fiorentino pure lui, Alessandro Andrei. Io ce la metterò tutta».

Leonardo Fabbri cosa si porta dietro di Parigi 2024?

«Un grande primo lancio, nullo per un centimetro, ma vicino ai 23 metri, che mi avrebbe permesso di essere al comando. Ho comunque dimostrato di essere un atleta “tosto”. Con la medaglia sarebbe stato meglio, ma è bene ripartire dal positivo».

E la pedana bagnata?

«Non è per questo che non ho vinto una medaglia. Gli ultimi lanci sono stati irritanti: quando li ho rivisti, mi sono spaventato. Sapete cosa mi ha spiazzato? Il fatto che quando ho spiegato al giudice la pericolosità di gareggiare in quel modo, mi ha guardato e non ha reagito. Ho fatto l’ultimo lancio solo per provare a prendermi la medaglia, altrimenti avrei detto no. Sono scivolato anche in quello, ho messo male la mano e ho temuto di aver rimediato una piccola frattura. Ho pensato che avrebbero interrotto la gara, però così non è stato. C’è stata grande confusione e non te lo aspetti, specie in un’Olimpiade».

L’oro americano Crouser, però, non è così irraggiungibile.

«L’ho dimostrato col primo tiro. L’unico che può dare fastidio a questo fenomeno che vince dal 2016 sono io e ne sono fiero. Fino a poco tempo fa era un “alieno”. Nella finale mondiale ho fatto il mio record aumentando il primato di 30 centimetri: nonostante questo arrivai dietro di lui, con un metro e mezzo di distacco. Adesso, invece, siamo lì».

Quale la sua verità sul villaggio olimpico?

«Non era un albergo a cinque stelle. Il nèo erano gli spostamenti. I primi giorni, mi sono trovato a fare 10/11 chilometri a piedi. Quando vai a un’Olimpiade i dettagli sono fondamentali: non si può lasciare spazio all’improvvisazione. Il letto di cartone? Era duro il materasso».

Con lei c’era la spinta di Firenze e della Toscana.

«Sì: mi sono sentito importante e apprezzato. Non so in quanti avessero mai visto una gara di lancio del peso prima. Rappresentare Firenze e la Toscana nel mondo è motivo di orgoglio».

A proposito di fiorentini alle Olimpiadi, ieri è stato il giorno del debutto di Larissa Iapichino nel lungo.

«Si meriterebbe di arrivare in alto. È stata protagonista, fin qui, di una bella stagione. Sarebbe bello se portasse a casa qualcosa di importante».

La sua passione per la Fiorentina se l’è portata dietro anche a Parigi?

«Si, ho parlato tanto di pallone con Filippo Tortu, mio compagno di stanza. Il pallone è il nostro ombelico del mondo. Se solo lui non fosse juventino… C’è una grande rivalità e adesso gli piacerebbe avere Nico Gonzalez tra i giocatori da tifare in bianconero. A me invece un po’ meno, ma non mi sorprenderei se prendesse anche lui questa decisione. Mi fa piacere leggere di Gudmundsson».

Il prossimo appuntamento?

«Sarà in Diamond League: sono messo bene in classifica e punto alla finale di Bruxelles. Spero di prendermi intanto una piccola rivincita lì».

Lei ha battuto il record italiano di Alessandro Andrei, fiorentino come lei, e oro olimpico a Los Angeles nel 1984. È pronto a chiudere il cerchio?

«Ho cominciato a pensare a Los Angeles 2028 subito dopo la gara di Parigi. Alessandro, a fine gara, mi ha scritto: mi ha fatto rivedere tutto, sono pur sempre il quinto olimpico nel getto del peso. Pensare di poter scrivere la storia, tra quattro anni, è stimolante: sono queste le sfide che mi piacciono».


 

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