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L’analisi

Fagocitati dagli arabi: il campionato dei Paperoni è il secondo più ricco del mondo

di Francesca Bandinelli
Karim Benzema, da bomber del Real ad attacante dell’Al-Ittihad
Karim Benzema, da bomber del Real ad attacante dell’Al-Ittihad

Muove più soldi solo la Premier inglese che ormai parla mediorientale

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In meno di tre anni sono diventati da “principi d’Arabia” a vice-Re del mercato, capaci di movimentare meno soldi solo della ricchissima Premier League – gestita in parte proprio da fondi mediorientali, è bene precisare – ma ben di più della Serie A, scivolata dal secondo posto della passata stagione al quarto di quest’anno.

È la storia della Lega saudita professionistica, la Roshn Saudi League, così chiamata per motivi legati alle sponsorizzazioni, che stavolta è stata in grado di accogliere calciatori nel pieno dell’attività: da Roger Ibanez, 24 anni, passato dalla Roma all’Al-Ahli per 30 milioni, a Milinkovic-Savic, 28 anni, trasferitosi nella stessa squadra dalla Lazio per 40 milioni. Arrivando a spendere quasi un miliardo di euro – oltre 956 milioni, fonte Transfermarkt, a fronte di poco più di 65 milioni di entrate. Niente a che vedere con i numeri della Premier inglese, capace di viaggiare a velocità quasi tripla (sono quasi 3 i miliardi investiti, a fronte di 1,53 incassati), ma sicuramente molto più della Serie A, parsimoniosa rispetto ad un anno fa (42 i milioni in meno spesi) e scavalcata anche dalla Ligue 1, in grado di spendere ben 899 milioni.

A fare la differenza sono state le quattro squadre del fondo PIF, Public Investment Found: dall’Al-Ahli all’Al Ittaihad, passando per l’Al-Nassr e l’Al-Hilal. In tutto questi club hanno speso 435 milioni di sterline e stanno pagando le proprie stelle addirittura 678 milioni di sterline, per un corrispettivo di quasi 800 milioni di euro.

A questi, si è poi unito anche l’Al-Ettifaq, la squadra allenata da Steve Gerrard che si è presa Moussa Dembélé dal Lione a 0, Jack Hendry, il difensore scozzese passato per una brevissima parentesi alla Cremonese, pagandolo quasi 7 milioni dal Bruges, e Jordan Henderson, undici stagioni al Liverpool. Quel che è certo è che dalle casse arabe, in Serie A sono arrivati circa110 milioni, figli delle cessioni milionarie, oltre a Milkinovic-Savic e Ibanez, pure di Brozovic (18 milioni all’Inter) e Demiral (20 milioni all’Atalanta). Come detto, nelle tasche dei calciatori i già pesanti ingaggi percepiti sono letteralmente lievitati. L’esempio plastico è quello di Benzema, che in arabia ha visto il suo ricco stipendio madrileno moltiplicarsi per quasi 12 volte.

E intanto sceicchi e petrolieri continuano a investire nel settore sportivo, alimentando così gli introiti: è stata creata la SRJ Sports Investments, costruita per acquisire e produrre la proprietà intellettuale di nuovi eventi sportivi, acquistare i diritti commerciali di importanti competizioni e ospitare eventi in Arabia Saudita, a cominciare dalla Supercoppa italiana 2024 che si disputerà proprio lì, a gennaio, e che vedrà protagonisti della nuova formula, la “Final Four”, Napoli, Lazio, Fiorentina e Inter. Secondo l’analisi dell’agenzia globale di rating DBRS Morningstar, si tratta sì di numeri giganteschi ma comunque sostenibili, alla luce della capacità degli stessi club coinvolti di generare «risultati economici e sociali».

Solito meccanismo che ha permesso agli emiri di portare sulla panchina della Nazionale dell’Arabia Saudita Roberto Mancini, con contratto fino al 2027 da 25 milioni all’anno, esentasse.




 

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