Il Tirreno

Il caso

Notte di tensione in carcere a Porto Azzurro: detenuto appicca un incendio in cella

Notte di tensione in carcere a Porto Azzurro: detenuto appicca un incendio in cella

In pochi minuti i fumi hanno saturato il locale: decisivo l’intervento degli agenti della polizia penitenziaria. Il sindacato UilPa: «L’amministrazione penitenziaria intervenga»

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PORTO AZZURRO. Notte di paura (tra giovedì e venerdì 13 dicembre) e tensione nel carcere di Porto Azzurro. Un detenuto ha appiccato il fuoco nella sua cella e solo la prontezza e la preparazione degli agenti della polizia penitenziaria hanno impedito che si verificasse una tragedia.

La ricostruzione

È il sindacato UilPa a raccontare quanto accaduto. «In pochi minuti – spiegano dal sindacato di polizia penitenziaria – i fumi di combustione hanno saturato il locale fino ad azzerare la visuale e annullare l’ossigeno. Immediati sono stati i soccorsi portati a termine con successo da un ispettore della polizia penitenziaria, inizialmente aiutato da un agente e al quale se ne sono aggiunti altri. Non è stato semplice trovare il responsabile. Questi, forse realizzando che quell’incendio lo avrebbe potuto uccidere, aveva trovato riparo sotto il letto. Gli agenti per trovarlo e tirarlo fuori dalla camera hanno dovuto operare in condizioni precarie per la fitta nube tossica che si era venuta a creare, rischiando seriamente la vita per soffocamento. Una volta rintracciato, il detenuto è stato estratto dalla stanza e rianimato».

La nota

Nessuna conseguenza seria, per fortuna, per gli agenti intervenuti, ma solo il segno di un’altra notte complicata. Quanto avvenuto ha testato la preparazione e la prontezza degli agenti in forza al carcere di Porto Azzurro. Ed ha ancora una volta dimostrato come sia complicato gestire detenuti problematici in una realtà carceraria che fino a pochi anni fa era calibrata su detenuti con pene lunghe. «Gli agenti convivono con la percezione di iniziare il turno di servizio con il rischio di dover fronteggiare situazioni di pericolo – spiegano da Uilpa – per lo più procurate da persone private della libertà affette da patologie psichiche, e non sapere quando e in che condizioni terminarlo, beh non è cosa da poco. Ma, ci interroghiamo, fino a che punto può spingersi l’amministrazione penitenziaria nella scelta di trasferire soggetti problematici alla casa di reclusione di Porto Azzurro. Ci domandiamo quali siano i progetti, se così possiamo definirli, per cui l’amministrazione stia continuando a gestire questa particolare tipologia di detenuti facendo ricorso a un vero e proprio sballottamento da carcere a carcere e non impegnarsi a trovare altre soluzioni e, ancora, se il Provveditorato regionale stia monitorando questo flusso e in che misura.

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