Il Tirreno

Montecatini

Il nostro patrimonio

Montecatini, rilancio delle terme Leopoldine: dall’occasione persa al degrado

di Luigi Spinosi
Le Leopoldine viste dall’alto con al centro la vasca che doveva ospitare la piscina (foto Nucci)
Le Leopoldine viste dall’alto con al centro la vasca che doveva ospitare la piscina (foto Nucci)

Il racconto del progetto firmato da Oreste Ruggiero, chiuso nel cassetto dopo aver raccolto i sì di Soprintendenza e Comune per far posto a Fuksas

5 MINUTI DI LETTURA





Montecatini. Nemo propheta in patria recita un’antica locuzione latina, fortunatamente non è sempre vero. E di certo, sotto molti aspetti, non è vero per il protagonista della nostra storia che di opere nella sua Montecatini e dintorni ne ha realizzate molte e di prestigio (ultima, in ordine di tempo, il recupero dell’ex cinema Adriano): ma purtroppo però questa espressione si sposa benissimo per una delle sue creazioni, dall’enorme potenziale, ma rimasta sulla carta. Un progetto che aveva già avuto tutti i via libera necessari da Comune e Soprintendenza, prima di essere cancellato e dimenticato, per essere sostituito da un altro disegno. Un disegno che non è rimasto sulla carta, e anche in questo caso possiamo dire purtroppo, visto che il progetto non è arrivato mai alla fine, lasciando solo un cratere (letteralmente).

Ma andiamo con ordine, il protagonista della storia è l’architetto Oreste Ruggiero, anche se quella parola, architetto, non basta a descrivere la creatività dell’uomo, manifestata con le sue opere in tutto il mondo, e anche nella sua Montecatini (abbiamo citato l’Adriano, ma possiamo ricordare anche lo stabilimento termale Redi).
 

Ebbene, nel suo curriculum c’è anche il progetto per la realizzazione della piscina termale alle Leopoldine, piscine che costituiscono un elemento fondamentale per poter parlare di rilancio turistico. Il merito di aver tirato fuori dalla polvere del tempo questa vicenda va allo storico locale Vasco Ferretti, il quale, su “Montecatini Città Futura”, si chiede che fine abbia fatto il progetto Ruggiero. È rimasto, appunto in un cassetto.

Descrivere quel progetto in poche righe è opera impossibile, ma prevedeva, tra le altre cose, una piscina con semicopertura in cristallo, con tanto di cascata che sfruttava il dislivello naturale. Una piscina con caratteristiche particolari: non un’unica enorme vasca, ma una vasca centrale rotonda più grande (l’antico cratere delle Leopoldine), collegata con altre vasche più piccole, in modo da creare anche spazi più intimi, e disegnando, visto dall’alto, una sorta di enorme fiore. Il tutto con una vista sulle colline che circondano Montecatini. Ma il progetto presentava anche altre particolarità, e ne vogliamo citarne un paio: intanto era un progetto che aveva una visione di insieme, e che - per fare un esempio - teneva conto anche di aspetti importanti come per esempio quello dei parcheggi (prevedendo la realizzazione di posti auto nella vicina zona detta della Caciona). E poi guardava anche alla storia, recuperando e rendendo accessibile la zona interrata, una sorta di grotta suggestiva, adiacente alle vasche per la macerazione dei fanghi.

Ma quel progetto, come molti altri pensati da Ruggiero per Montecatini, basti citare il parco della Maona, o le sue proposte sull’area ex Lazzi o sulla ristrutturazione del Kursaal, non vide mai la luce. Questo perché, alla fine, fu deciso di ricorrere a nomi famosi, ultimo quello dell’archistar Massimiliano Fuksas (il cui progetto per molti versi ricordava quello di Ruggiero) partito nel 2009 ma poi interrotto per la mancanza di fondi da parte della società che aveva rilevato le Terme. E da allora quello che avrebbe potuto diventare un gioiello della città è, invece, motivo di preoccupazione.

E resta l’amarezza di un progetto che c’era già. Amarezza e sorpresa che già furono dello stesso Ruggiero: «Per almeno tre motivi – spiega – intanto avevo già eseguito un primo progetto, presentato all’allora sindaco Severi e all’avvocato Arizzi, amministratore unico delle Terme, poi un secondo progetto era stato approvato dalla Soprintendenza e dal Comune (quello descritto prima ndr), tant’è che il soprintendente Valerio Tesi, commentando l’incarico Fuksas asserì che il progetto per le Leopoldine c’era già ed era stato concordato con Ruggiero. L’altro motivo è che senza comunicazioni fu deciso di chiamare Fuksas, sostenendo che con un archistar il successo anche promozionale per l’intera città sarebbe stato assicurato, magari senza porsi il problema dove reperire i parcheggi per i frequentatori di una tale opera, ancor più dopo la cessione degli spazi antistanti le Leopoldine facenti parte dell’ex Imbottigliamento. Infine avrei accettato la motivazione di fronte a un progetto migliore o più innovativo del mio; ma a mio avviso, dopo averlo conosciuto, non lo ritenni tale, sebbene a fronte di costi estremamente maggiori. Non solo, anche la filosofia del masterplan con cui vinsi il bando internazionale del 2000, i cui grafici mi furono chiesti dalle Terme in formato aperto editabile (è come chiedere un negativo ad un fotografo) prima dell’incontro con Fuksas a Roma era del tutto simile (se non uguale cambiando le terminologie), sempre a mio parere, al mio progetto».

«Ciò che mi addolora – prosegue l’architetto Oreste Ruggiero – è che Montecatini, una città che è stata simbolo di eleganza e cultura, che conferiva valore aggiunto a chi la frequentava, abbia ritenuto di dare un valore aggiunto con l’intervento di un archistar, un processo già desueto allora e ritenuto ormai retrogrado, senza considerare che quelli spesso impongono al territorio il loro standard con un processo di colonizzazione culturale: una cafonata. E mi addolorò che all’epoca tanti miei colleghi architetti esaltarono il progetto di Fuksas senza prendersi l’onere o la sensibilità intellettuale di conoscere il mio. Come si fa a giudicare senza conoscere? Ora si torna sull’argomento, che all’epoca abbandonai per non creare turbative nei confronti della città al percorso iniziato e che si è rivelato invece disastroso. Avrei tanto da aggiungere, ma mi limito al fatto che il mio progetto è ormai in parte falcidiato in quanto è stata demolita la piscina Grocco, che eseguii negli anni Ottanta, che ritenevo dovesse fare parte del sistema della balneazione alle Leopoldine, così come non è più recuperabile la zona con la presenza dei fanghi alimentati dalle sorgenti calde sotterranee, in quanto sbancata e predisposta per un ristorante di cristallo (ecco, questa sì un’idea diversa rispetto al mio progetto)».

Tutto finito dunque? No, l’architetto invita a non arridersi allo spirito di rassegnazione e negatività: «Riguardo al progetto Leopoldine e al compendio termale in genere, nonostante i colpi inferiti, ci sono ancora grandissime potenzialità; a condizione che non si smembri ulteriormente il patrimonio termale. Per intenderci, così si capisce meglio cosa voglio dire: come nelle strategie del “cattivo” del film Pretty Woman, dove per maggiore profitto si voleva vendeva a pezzi la storia di una grande società produttiva e di grande tradizione. Mi auguro, non posso fare altro e se potessi farei come per il recupero essenziale dell’ex Cinema Adriano e Palazzo Lavarini, e lì invece mi fermo, che l’esito per la città di Montecatini e le sue Terme, uniche per storia e bellezza, sia felice e di ripartenza come quella nel film».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Primo piano
L’attacco

Attentato in Germania, la circolare: «Aumentare i controlli in Italia nei mercatini di Natale». A Magdeburgo 5 vittime e 200 feriti: il ritratto del killer

Sportello legale