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Montignoso, padre interviene in campo: bambino escluso dal torneo (e dalla squadra)


	Calcio giovanile: un altro caso che fa discutere
Calcio giovanile: un altro caso che fa discutere

La versione del genitore e la replica della società: «I bimbi da noi devono essere liberi di giocare senza interferenze». E spunta un precedente

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MONTIGNOSO. Il padre entra in campo e lo porta via durante una lite tra bimbi e la società non convoca il figlio a un torneo che si terrà domani, domenica 8, a La Spezia. Non solo: la società ha anche invitato i genitori a cercare un’altra squadra per il piccolo di sei anni. È quanto accaduto tra mercoledì (giorno degli allenamenti) e giovedì (giorno della chiamata della dirigenza al padre) a Montignoso. La squadra è proprio la Asd AC Montignoso.

La versione del padre

A raccontare l’episodio a Il Tirreno è il padre che spiega: «Ho ricevuto una chiamata dalla dirigenza del Montignoso calcio reparto scuola calcio, perché l’altra sera (mercoledì; ndr) cinque minuti prima della fine dell’allenamento, sono entrato nel terreno di gioco perché mio figlio invece di giocare veniva spinto strattonato dagli altri bambini. Hanno un solo allenatore ed avendo tanti bambini piccoli non riesce a star dietro a tutti. È una cosa comunque accaduta decine di volte in passato: offese, parolacce e mani alzate tra i bambini. Da genitore mi sono sentito in dovere di prendere mio figlio e farlo uscire».

Durante la telefonata gli sarebbe stato detto che il piccolo non avrebbe giocato domani. «Mi hanno invitato a lasciare la società, il bambino ovviamente verrà a sapere della non convocazione e ci rimarrà molto male. Visto che fino a questa mattina (giovedì, ndr) faceva parte dei convocati. Loro lo hanno escluso scaricando la colpa su di me, definendomi genitore non idoneo a seguire gli allenamenti. Stanno facendo le selezioni a dei bambini di sei anni, come nel calcio professionistico».

La replica della società

Immediata la reazione della società che, attraverso il responsabile della scuola di calcio Gabriele Ricci, fa sapere che «siamo una società che vuole prendere una posizione netta di fronte certe situazioni che oggi giorno sempre. Più spesso, si vengono a creare nei campi da calcio. I genitori oggi più che mai si sentono in diritto se non in dovere, di poter dire e fare di tutto, difronte ad una misera retta pagata, e noi riteniamo che non debba essere assolutamente così. La società, in questo caso quella che rappresento, non si vuole sentire schiava dei genitori ed è pronta ad allontanarli, laddove abbiano dei comportamenti reputati fuori dalle righe, inadeguati. Siamo gli stessi che lo scorso anno siamo finiti sul giornale per aver interrotto un torneo giovanile perché i genitori sugli spalti tenevano comportamenti violenti ed inappropriati, e siamo stanchi di essere sotto scacco di genitori prepotenti».

Il precedente e le “regole” del Montignoso

Venendo all’accaduto è la seconda volta, dici Ricci, «che la famiglia in questione entra nel campo da gioco, preleva il bimbo durante l’attività sportiva perché a loro detta, i bimbi si stanno spingendo in modo esagerato e lo porta a casa dando un segnale a tutto l’ambiente negativo. All’interno del campo da gioco i responsabili siamo noi società e gli educatori che li seguono, le nostre attività calcistiche sono volte al divertimento in primis e in secondo piano tramite attività come duelli 1 versus 1 e partite, a ricreare il calcio di strada, stimolando quelle capacità individualiste che sono proprie di questa età dello sviluppo. Facendo ciò è ovvio che nei bambini venga stimolato un sano agonismo che per noi è positivo e pone le basi per il nostro lavoro futuro». Ricci prosegue: «Mi sembra molto strano dover stare a spiegare tutto questo, sono dell’idea come ho spiegato al genitore in questione, che se il nostro modo di lavorare non è ritenuto adeguato e che se non c è fiducia reciproca, in un quanto noi chiediamo alle famiglie di lasciare i bimbi agli allenamenti ed andare via, evidentemente il nostro metodo di lavoro non è condiviso, e noi certe scene al campo non le vogliamo vedere. In conclusione si invita la famiglia a cercare una società che lavori in un altro modo e che evidentemente sia ritenuto adeguato, perché da noi i bimbi all’interno del campo devono essere liberi di giocare come si faceva una volta per strada senza essere vincolati alle regole di noi adulti».

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