Il Tirreno

L’aggressione

Lunigiana, la prende a testate e a calci poi la segue nella casa protetta

di Melania Carnevali
Lunigiana, la prende a testate e a calci poi la segue nella casa protetta

L’uomo adesso è accusato di lesioni e maltrattamenti

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LUNIGIANA. Non dirgli che ti ha picchiata, le diceva. Dì che ti sei fatta male da sola, che hai sbattuto la testa da qualche parte, altrimenti ti tolgono i bambini e ti rimandano a casa. Cioè il Sudamerica. E lei, che non ha grande dimestichezza con la legge italiana e che, in effetti, aveva proprio il permesso di soggiorno scaduto, ci ha creduto. Si è fidata della suocera e quando è arrivata al pronto soccorso dell’ospedale di Pontremoli - era il giugno del 2023 - con un taglio profondo nella fronte ha detto di essersi fatta male con uno sportello. Le hanno dato otto punti. Il risultato di una testata da parte del compagno, il padre dei suoi figli. Il primo episodio di violenza fisica, perché quella verbale era iniziata da tempo.

Ai carabinieri di Aulla, però, di quell’episodio erano arrivate segnalazioni. Parlavano di grida in casa e di una donna finita all’ospedale. Hanno quindi prima recuperato il referto, poi contattato la donna che però ai militari ha confermato la versione data ai medici: «Mi sono fatta male da sola». Nota a margine: il compagno la stava aspettando nella sala d’attesa della caserma.

I carabinieri non ci hanno creduto, ma non possono far altro. La querela arriverà, qualche mese dopo, al culmine di un’estate di botte, insulti e pedinamenti. E quella querela ha portato l’uomo, un quarantenne lunigianese, davanti a un collegio di giudici a rispondere dei reati di maltrattamenti e lesioni. Ieri in aula, oltre agli inquirenti, è stata ascoltata la vittima, l’ex compagna dell’uomo, che ha ripercorso tutta la storia, dal 2020. L’anno in cui si sono conosciuti.

Sono andati a vivere quasi subito insieme perché era scoppiato il Covid. Lui non aveva lavori stabili, lei non poteva lavorare. «Ho avuto solo un lavoro per un mese, ma lui si appostava fuori dal locale. Sosteneva che io andassi a letto con tutti i colleghi. La gelosia c’è sempre stata, ma è andata a peggiorare nel tempo. È arrivato a pensare addirittura che il nostro primo figlio fosse figlio di suo padre e che la seconda figlia fosse del marito di una mia amica. Poi credeva che io avessi relazioni con tutti i vicini».

Gli insulti erano all’ordine del giorno. Le grida pure. Nell’estate del 2023 sono arrivate anche le botte. Il primo episodio, appunto, a giugno: stavano litigando quando lui le ha chiesto «ti piacciono le testate?» e poi gliel’ha data. Otto punti. A luglio altro litigio, altra testata. Poi a settembre, «era il mio compleanno - racconta lei -ed ero al telefono con mia zia. Si è arrabbiato perché non lo consideravo. Ha iniziato a spingermi e a colpirmi. Mi colpiva anche alla pancia perché diceva che ero incinta del vicino. Io ho chiamato i suoi genitori e lui ha gridato che dovevo andarmene». A fine settembre era sul bancone al telefono con sua mamma. «Il giorno prima mi aveva fatto dormire in terra perché mi diceva che non ero degna di dormire con lui nel letto e che ero un cane. Non credeva che fossi al telefono con lei e mi ha presa per il collo per prendermi il telefono». Telefono che, peraltro, controllava ogni giorno. Aveva tutti i suoi contatti, li chiamava. Controllava mail, social, sms.

A fine settembre se ne è andata di casa per andare dai suoceri. «Il 4 ottobre però lui insiste che vuole vedere i figli, io non volevo ma la suocera ha insistito. È voluto andare al ristorante ma nel tragitto ha visto sia un vicino sia un ex collega e ha iniziato a offendermi davanti al bimbo che ha avuto una crisi. Io ho chiesto di chiamare i carabinieri. Quando sono arrivati lui stava ancora gridando e mi stava insultando».

Ed è così che è riuscita a chiedere aiuto al centro antiviolenza. Ma non è bastato, perché lui l’ha trovata, non una ma ben due volte. E, sostenendo che avesse una relazione che un operatore della casa protetta, ha inviato a lui, l’operatore, un video intimo di loro due (la vittima e l’ex compagno). Fatto che ha spinto la donna a sporgere una seconda querela. l
 

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