L’allarme
In Italia allenò Carrarese e Roma: in Ungheria salvò gli ebrei e morì
Géza Kertész fu tecnico anche del Viareggio (nel 1928), del Catania, della Lazio Fucilato dai nazisti nel ’45, ora Carrara gli intitola il Parco della Rimembranza
«È importante restare umani in un mondo disumano». Queste sono alcune parole che condivide Sandra Kertèsz. Sandra è la nipote del grande allenatore di calcio ungherese Gèza Kertèsz, fucilato dai nazisti per aver salvato ebrei durante la persecuzione hitleriana. Carrara, a ridosso del Giorno della Memoria - domani 27 - gli intitola un parco. Il parco della Rimembranza e non è un caso.
Alla cerimonia, ieri la nipote Sandra ripete una frase che diceva spesso Rosa, la moglie dell’allenatore il cui nome ora spicca all’esterno del parco. La nuova targa recita: “Parco della Rimembranza Géza Kertész- Allenatore di calcio della Carrarese ed eroe nazionale ungherese che diede la vita per salvare centinaia di ebrei”. Kertész non fu solo allenatore della Carrarese (fra il 1926 e il 1928) ma anche del (Vezio Parducci) Viareggio (fra il 1928 e il 1929). Portò entrambe le squadre dalla Seconda alla Prima divisione, poi da Viareggio se ne andò alla Salernitana, prima di approdare al Catania fino ad arrivare in serie A con Roma e Lazio.
La targa è il risultato di un «lavoro di 7 anni – spiega il consigliere comunale Simone Caffaz – scandito da ricerche e confronti con giornalisti e scrittori». Su segnalazione di Marcello Palagi, Caffaz avviò una ricerca e poi presentò una mozione in comune per l’intitolazione all’allenatore ungherese di una piazza. Il 27 gennaio 2023 il consiglio comunale approva all’unanimità la proposta e a distanza di un anno si è resa possibile questa iniziativa che dà risalto a un personaggio di spessore sportivo ma anche umanitario. Un uomo che ha lasciato una traccia importante, commenta la vice sindaca Roberta Crudeli: «Ha sacrificato la propria vita per salvare numerosi innocenti ed ebrei nel periodo della guerra. Il parco che porterà il suo nome non è stato scelto a caso. Da oggi in poi si chiamerà Parco della Rimembranza Gèza Kertész, lo riteniamo adatto perché è un luogo di memoria per tutti i carrarini». Caffaz rimarca più volte il profilo eroico di Kertèsz nato nel 1894 a Budapest, allenatore della Carraree dal 1926 al 1928. Vinse 4 campionati e passò ad allenare in serie A squadre come la Roma e la Lazio. «Il suo fu un atto eroico mettendo in secondo piano la sua capacità di allenatore in quel periodo che vedeva lo sport in una situazione di crisi. Géza si impegnò a studiare per rendere anche lo sport divertente, lo fece partendo da Carrara in quell'epoca, dal 1920 al 1930 tanti erano gli allenatori ungheresi». Caffaz fa pure un cenno alle tecniche sportive dell’allenatore, la tattica “tradizionale doppio v” che si sposava con Carrara. Kertész si rese artefice di novità, oltrepassando il doppio v che consisteva in lunghi lanci e corse: voleva che i calciatori si passassero la palla a centrocampo. La sua carriera calcistica fu densa di successi, a riprova del suo impegno e del suo innato talento. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, però, Kertèsz torna in patria, fonda un’organizzazione di resistenza, facendo un passo indietro nella sua carriera sportiva. La padronanza della lingua tedesca lo facilita nella sua avventura come eroe: salva migliaia di ebrei e partigiani. Come riferisce Caffaz sceglie di essere uno di loro per un gesto di umanità senza limiti. Ospita nella sua casa una famiglia di ebrei e continua a sacrificare la propria vita in questa missione. Nel 1944 viene arrestato e fucilato un anno dopo, poco prima della liberazione della capitale ungherese.
La nipote Sandra ha voluto ringraziare Carrara per aver dedicato un’area della città al nonno, rendendo possibile la condivisione di una storia così esemplare soprattutto per le nuove generazioni: «Siamo qui in ricordo di un uomo generoso e allegro che ha dedicato al calcio la propria vita. Una storia riscoperta in Italia con tributi in tante città come Bergamo, Salerno, Catania e ora anche a Carrara. Mio nonno è diventato protagonista di libri, articoli e ora anche di uno spettacolo teatrale. Oggi, anche noi siamo chiamati a non chiudere gli occhi di fronte ai genocidi perpetrati nel nostro Mar Mediterraneo, in est Europa e Medio Oriente».
Poi Sandra torna con la mente al nonno, mosso da un grande amore per l’Italia, per i luoghi in cui aveva vissuto come a Carrara. Proprio in questa città iniziò un felice e lungo percorso. «Aveva inventato una forma di ritiro collegiale, possedeva la capacità di unire le persone e ha lasciato questo nel nostro Dna. Abbiamo un album dei suoi ricordi calcistici, fotografie che mio padre amava riunire. Noi lo abbiamo conosciuto attraverso questi ricordi. Mio padre me ne parlava spesso, sentiva la sua mancanza lo aveva perso intorno ai 14 anni». Anche il figlio di Sandra, Nikita nutre l’intenzione di tramandare questa storia positiva: un allenatore di calcio che con coraggio e determinazione sacrificò la propria vita per quella degli altri, con un gesto di ribellione verso le ingiustizie e i soprusi.