Calcio: Serie B
Sconto di pena per l’assassino di Laura
Sedici anni di reclusione in abbreviato per Igor Paolinelli più tre da scontare in una casa di cura e custodia
LUCCA. La convinzione che l’ex fidanzata gli avesse fatto il «malocchio» e che nella sua mente ottenebrata l’unico modo per interrompere il «sortilegio» fosse quello di recidere il rapporto alla radice attraverso l’omicidio per il giudice è l’indice di un vizio almeno parziale di mente. Così Igor Paolinelli, 41 anni, che la sera del 17 aprile 2011 a Piazza di Brancoli uccise con sei colpi di pistola l’ex fidanzata Laura Emanuela Giannarini di 44, viene condannato in abbreviato a 16 anni di reclusione. A cui vanno aggiunti i tre anni da trascorrere, al termine della pena principale, in una casa di cura e custodia. E al termine dei 36 anni mesi previsti come misura di prevenzione accessoria le sue condizioni saranno valutate dal magistrato di sorveglianza - con la consulenza di uno psichiatra - per decidere se rimetterlo in libertà o proseguire il trattamento nella struttura. L’accusa - retta dal sostituto procuratore Elena Leone - per l’imputato di un delitto così efferato aveva chiesto l’ergastolo anche sulla base della consulenza del del professor Mauro Mauri dell’università di Pisa che, dopo aver visitato in carcere l’omicida, nella sua relazione lo aveva ritenuto perfettamente capace d’intendere e di volere al momento in cui premeva il grilletto del revolver per ammazzare la sua ex. Il magistrato attende di leggere le motivazioni della sentenza per poi presentare appello. Ricorreranno in Appello i legali dell’imputato che chiedevano l’infermità totale di mente e la non punibilità.
Nessun pentimento. Giaccone nero, capelli con coda di cavallo, visibilmente dimagrito, l’imputato - seduto accanto al suo legale, avvocato Filippo Tacchi - ha assistito all’udienza camerale senza batter ciglio. Una sfinge priva di emozioni. Che non ha mai aperto bocca durante il processo davanti al gup e che, a un anno e mezzo dal delitto, non ha mai inviato una lettera di scuse alla famiglia o almeno due righe per esprimere rimorso e pentimento. In aula - al momento della lettura del dispositivo della sentenza - c’erano la madre della vittima, Maria Pia Alverà, e le sorelle Nadia e Gina Giannarini tutte costituitesi parte civile e assistite dall’avvocato Lodovica Giorgi. Sono rimaste in silenzio senza protestare, come invece spesso accade in casi analoghi, nonostante l’amarezza per una condanna che ritengono «troppo lieve» in relazione alla pericolosità dell’autore del delitto e al timore che possa tornare presto libero e commettere altri crimini. Il giudice Giuseppe Pezzuti ha liquidato alla madre 270 mila euro di provvisionale e alle figlie 100mila euro ciascuna. Soldi che non leniscono certo il dolore e che, in ogni caso, difficilmente potranno ottenere anche in caso di conferma dopo la sentenza d’Appello. Perché Igor Paolinelli è nulla tenente. «Leggerò le motivazioni e mi comporterò di conseguenza. - dice il legale di parte civile - Sono rimasta stupita nella constatare la concessione delle generiche equivalenti alle aggravanti e soprattutto l’esclusione dei futili motivi. Le mie assistite, pur nel rispetto massimo della giustizia, contestano la sentenza soprattutto perché temono che l’omicida esca prima del tempo e possa tornare a far danni».
Tre perizie diverse. Dal processo emerge una guerra di perizie che lascia stupiti soprattutto i non addetti ai lavori. Da una parte l’accusa con il professor Mauri che ritiene l’imputato perfettamente capace d’intendere e di volere tanto da pianificare l’omicidio della ex nei suoi dettagli e poi costituirsi, dall’altra quello della difesa dell’imputato con il consulente, lo psichiatra Mario Di Fiorino, che ritiene la sindrome maniaco-ossessiva dell’imputato (la presenza di una forza esoterica capace di legarlo a quella donna tanto da chiamare in soccorso anche un esorcista della provincia di Pisa) una prova principe dell’assoluta incapacità mentale di Paolinelli. In mezzo i periti del gup Pezzuti, gli psichiatri Giovan Battista Traverso e Angelo Addabbi dell’università di Siena, che sostengono che nei momenti precedenti all’omicidio era scemata la volontà dell’imputato e non aveva il controllo completo delle sue facoltà anche in considerazione del suo substrato culturale assai degradato. E quella linea ha prevalso sulle altre visto che il giudice nel dubbio decide sempre pro reo.
Il calcolo della pena. Tenendo conto della semi infermità mentale la pena massima parte da 24 anni. Con la riduzione di un terzo della pena per il rito abbreviato, l’aumento in continuazione per le lesioni (il braccio fratturato alla vittima con un bastone un mese e mezzo prima del delitto) e il riconoscimento della premeditazione (annullato però dalle attenuanti generiche) e non considerando i futili motivi si arriva alla pena di 16 anni. A cui vanno aggiungi i tre anni di casa di cura.