L’allarme
Livorno, troppe manutenzioni da fare: inceneritore chiuso tutto l’anno
Ci sono da fare manutenzioni importanti e si attende l’esito della conferenza regionale. Intanto il riesame dell’autorizzazione è stato sospeso: ecco perché è l’ultimo verbale
Livorno Mentre Rifiuti Zero e Comune tornano a litigare sul presente e sul futuro dell’inceneritore del Picchianti, dal verbale dell’ultima conferenza dei servizi regionale che si è riunita il 22 gennaio emerge un dato che finora è rimasto sottotraccia e che invece merita di essere evidenziato: l’impianto di Aamps, fermo da dicembre per un guasto alla caldaia, resterà spento per tutto il 2024. Non sarà riacceso fino al 2025, e questo anche nel caso in cui la Regione decida di rinnovare l’autorizzazione integrata ambientale già scaduta a ottobre.
In un passaggio di quel verbale il rappresentante dell’Ato parla chiaramente di «riapertura prevista», dopo gli interventi da fare, «per il 2025». E da Aamps, contattati dal Tirreno, confermano. Il perché si può riassumere così: per far ripartire l’inceneritore dopo il guasto servono interventi invasivi e costosi (si parla di un milione). Interventi che sarebbe discutibile avviare prima che si decida sul rinnovo dell’autorizzazione. Non solo: a quanto risulta ci vogliono 12 mesi anche per avere la nuova turbina con cui si vuole aumentare di un terzo la produzione di energia elettrica.
L’impianto, insomma, in ogni caso quest’anno resterà in manutenzione. Dove andranno i rifiuti prodotti dai livornesi? Continueranno a partire alla volta degli impianti di trattamento meccanico biologico di Pioppogatto, a Massarosa, e di Scapigliato, a Rosignano.
Ma a che punto è il riesame dell’autorizzazione? Detto in altre parole: è stato deciso se, come e per quanto l’inceneritore potrà continuare a bruciare? Dal verbale dell’ultima conferenza, la terza, presieduta dalla Regione (presenti Comune, Arpat, Asa, Ato e Aamps-Retiambiente) si scopre che al momento il procedimento di rinnovo dell’Aia è sospeso. Il motivo è tecnico: in pratica la Regione ha chiesto ai suoi uffici se sia necessario rimettere mano anche alla Via (la Valutazione di impatto ambientale) ora che si sta discutendo delle modifiche da fare all’impianto, anche alla luce delle nuove regole europee, per tenerlo aperto fino a quando non entrerà in funzione l’ossicombustore di Peccioli. Si legge: «In considerazione del fatto che alcuni degli interventi proposti da Aamps si configurano come modifiche impiantistiche (...) la Regione propone di avviare un procedimento finalizzato a una verifica circa la sostanziabilità delle modifiche ai fini di Via». I tempi per sciogliere tutti i nodi, quindi, si allungano ancora.
Venendo alla sostanza delle cose da fare per adeguare l’impianto alle famose Bat, ovvero le migliori tecnologie disponibili sul mercato per assicurare la massima garanzia ambientale: come anticipato dal Tirreno a gennaio, Aamps ha chiesto di non procedere con l’installazione della tecnica di “riduzione catalitica selettiva” per l’abbattimento degli ossidi di azoto, che comporterebbe una spesa di 4 milioni, ma di sperimentare le “maniche filtranti catalitiche”. In caso di rinnovo dell’autorizzazione, si va in questa direzione. Ma come confermato nel verbale, verrà prescritto – come richiesto dal Comune, che era presente con il sindaco e con l’assessora all’ambiente – un limite per la produzione di ossidi di azoto pari a 150 mg/Nm3 come media giornaliera. «Poiché al momento in Italia nessun impianto di incenerimento è dotato di tale tecnologia – si legge – sarà necessario un periodo di marcia controllato».
Attenzione: va detto che la legge avrebbe consentito ad Aamps di stare anche dentro un limite più alto (180 microgrammi) dal momento che «l’applicabilità della riduzione catalitica» risulta «limitata a causa della mancanza di spazio». Così come va detto che – lo riporta Arpat – «la performace di abbattimento» degli ossidi di azoto «è migliorata negli ultimi mesi del 2023», oggi i valori registrati si attestano già «intorno ai 127 mg/Nm3», quindi sotto quel tetto dei 150, e risultano «rispettate le Bat per tutte le matrici ambientali».
Resta il fatto che il nodo inceneritore ancora non è del tutto sciolto. Per adattare l’impianto e farlo funzionare ancora per qualche anno, ora in via informale si parla di un revamping da 10 milioni di euro: 7 come adattamento vero e proprio e 3 per opere che resteranno anche una volta spento l’impianto (per esempio i lavori da fare alle fosse o ai carriponte). Questa stima risulta più bassa rispetto alle precedenti perché Aamps procederebbe al noleggio, anziché all’acquisto, di sistemi come quelli di lettura e controllo delle emissioni.
Attenzione: il Comune, come aveva annunciato, ha chiesto anche in sede ufficiale che l’impianto in ogni caso cessi di vivere entro il 31 dicembre del 2017. Ma è bene chiarire da subito, e lo fa il presidente della conferenza, che formalmente ad Aamps non potrà essere rilasciata un’autorizzazione di due o tre anni: la legge prevede che vada da 10 a 16 anni. Poi l’impianto potrà anche essere spento prima, ma l’atto così sarà.l