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Livorno, omicidio della Guglia: confermato l'ergastolo per il marito di Ginetta Giolli

di Stefano Taglione
Il macellaio marocchino Youssef El Haitami
Il macellaio marocchino Youssef El Haitami

Condanna anche in appello per il macellaio Youssef El Haitami, ma la corte esclude l’aggravante della crudeltà. L’avvocata: «Ricorso in Cassazione»

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LIVORNO. Il macellaio Youssef El Haitami è stato condannato all’ergastolo dalla corte d’assise d’appello di Firenze. La giuria popolare, presieduta dal giudice Alessandro Nencini, nella mattinata del 10 maggio dopo un’ora di camera di consiglio ha riformato la sentenza di primo grado, escludendo l’aggravante della crudeltà, confermando però la pena massima. L’artigiano marocchino, 57 anni, è accusato dell’omicidio della moglie sessantaduenne Ginetta Giolli, uccisa a martellate nell’estate del 2021 nel suo alloggio popolare di via Garibaldi, alla Guglia. L’uomo, difeso dall’avvocata livornese Barbara Luceri, si è sempre professato innocente sostenendo che la sera del primo luglio, quando secondo l’accusa l’avrebbe uccisa, aveva mangiato una pizza in sua compagnia e poi sarebbe uscito per andare a dormire nella sua macelleria a poca distanza dall’appartamento, sempre in via Garibaldi.

La scoperta del cadavere

Ginetta, nel primo pomeriggio del 3 luglio 2021, era stata trovata morta nella sua camera con il cranio fracassato. A rinvenire il cadavere i vigili del fuoco, entrati nell’appartamento dopo l’allarme dell’amica del cuore della vittima, Chiara Casciana, che da un giorno e mezzo non riusciva più a mettersi in contatto con lei e che poche decine di minuti prima che venisse uccisa, secondo la procura la sera del primo luglio, l’aveva riaccompagnata a casa dopo un’uscita serale a Tirrenia, dove insieme erano state in un ristorante.

L’ultima telefonata

L’amica, l’ultima persona prima dell’assassino ad aver visto viva Ginetta, ci ha parlato al cellulare pochi minuti prima che morisse. Dopo averla riaccompagnata a casa, dove come è stato ormai appurato l’attendeva El Haitami, Casciana l’ha sentita con una breve telefonata alle 23.24: «Io poi non ce la fo a dì bugie – queste sarebbero state le parole della sessantaduenne mentre era chiusa in camera da letto e il macellaio, suo marito solo per ragioni legate all’ottenimento del permesso di soggiorno in Italia, sarebbe stato in sala a bere delle birre – Quindi gli devo dì per forza che non ce lo voglio perché sono una donna libera, voglio stà da sola». «L’ho sentita spaventata, impaurita – aveva raccontato la donna, al Tirreno, il giorno stesso della scoperta del cadavere – e mi ha detto che sarebbe andata a dormire. Suo marito, che in quel momento si trovava in casa con lei, aveva bevuto della birra ed era rimasto a dormire sul divano. Qualche giorno prima avevano litigato, lei si era lamentata perché lui non l’aveva aiutata a portare degli oggetti per le scale». Luceri annuncia però ricorso in Cassazione. 
 

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