Sanremo, Noa e Mira Awad: chi sono le artiste che con la musica vogliono cancellare la guerra
Una israeliana, l’altra palestinese: la loro collaborazione è nata 25 anni fa
SANREMO. Uno dei momenti più emozionanti del Festival di Sanremo 2025 è quello che ha visto sul palco insieme la cantante israeliana Noa con la collega palestinese Mira Awad. Entrambe le artiste protagoniste sul palco del Teatro Ariston sulle note di “Imagine” di John Lennon. Il duo è stato fortemente voluto da Carlo Conti e dall’organizzazione proprio per lanciare un messaggio di pace alle terre martoriate dalle guerre, compresa la Striscia di Gaza.
Le storie
Noa torna al Festival di Sanremo a 30 anni esatti dalla sua prima partecipazione, nel 1995 come ospite internazionale. Ha partecipato anche nel 2006, vincendo il Premio della Critica. Nel 2007 ha ricevuto l’onorificenza come Cavaliere della Repubblica Italiana e successivamente quella di Commendatore della Repubblica Italiana. La sua esibizione al Festival anticipa l’uscita del suo nuovo album, The Giver: «Questo progetto musicale – spiega Noa – nasce dalla crisi seguita al massacro del 7 ottobre, che ha scatenato una guerra su molteplici fronti, fisici, emotivi e ideologici, in Israele, Palestina e nel mondo intero. Il dolore e il lutto che stiamo vivendo hanno creato uno spazio per una riflessione profonda, che mi ha spinto a condividere i miei sentimenti, le mie idee e la mia visione attraverso la musica». La collaborazione fra Noa e Mira Awad è iniziata 25 anni fa. Ai microfoni di Rtl 102.5, le due artiste hanno raccontato il loro percorso insieme e il loro primo incontro.
L’inizio della collaborazione
«La nostra collaborazione è nata nel 2000, 25 anni fa. Abbiamo rappresentato Israele all’Eurovision Song Contest nel 2009, ed è stata un’esperienza importante. Abbiamo un legame molto profondo. Devo dire, però, che purtroppo ogni volta che facciamo un grande evento insieme c'è una guerra in corso. All’Eurovision è successa la stessa cosa: c’era violenza tra israeliani e palestinesi. Noi rispondiamo sempre che il nostro lavoro non è riportare la realtà, quello lo fanno i media. Il nostro compito, come artisti, è creare la realtà o almeno immaginarla, quella che vorremmo vedere», spiega Noa. «Un giorno lei mi ha chiamato mentre ero al supermercato, all’improvviso. Mi ha detto: Ehi, non so se mi conosci, sono Noa. Ho risposto: Come potrei non conoscerti?», racconta Mira circa il loro primo incontro. «Non abbiamo riscritto Imagine, l’abbiamo solo tradotta: – ha detto Noa – la prima strofa in ebraico, la seconda in arabo, ma anche in inglese, con alcune parti in italiano nel mezzo. Mi piace molto la parte del testo che dice “No religion”, perché la religione è una cosa positiva, ma non quando diventa violenta, razzista o quando dà alle persone la licenza di uccidere. Come diremmo noi, la religione dovrebbe essere amore, inclusione e rispetto. Quindi sì, penso che dobbiamo andare avanti tutti con questi concetti: Paesi, religioni, dobbiamo essere tutti uno». E infine Mira ha aggiunto: «La strofa che preferisco è quella in cui ci si chiede perché dobbiamo avere dei Paesi. I Paesi sono un’invenzione dell’uomo, e penso che possiamo reinventare questo modello, che non sempre funziona».