Il Tirreno

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Sos latte in Maremma, prezzo ko e costi alle stelle: «Il governo ci dia diritto al reddito»

di Matteo Scardigli

	Angela Saba
Angela Saba

Confagricoltura: crisi dei produttori, soluzioni rapide o chiusure di massa. La Regione promette ad allevatori e pastori un tavolo di confronto con i vertici della grande distribuzione organizzata

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GROSSETO. Il prezzo al produttore crolla, i costi – fra guerre e predazioni – aumentano e il punto di non ritorno si avvicina. Uno stato di crisi raccontato più volte quello del settore ovicaprino, specialmente in Maremma, che questa volta – però – intravede una piccola luce in fondo al tunnel. Lo conferma al nostro taccuino Angela Saba, presidente nazionale, regionale e provinciale del settore per Confagricoltura (e co-titolare della massetana Saba Formaggi), a margine di un incontro in Regione con la vicepresidente Stefania Saccardi, qui in veste di assessora all’agricoltura.

«Il grido d’allarme arriva direttamente dagli allevatori: il prezzo del latte è sceso di 20 centesimi al litro rispetto all’anno scorso, arrivando a 1,40-1,50 euro (solo sul destagionalizzato si riesce a strappare qualche centesimo in più). Non si tratta di un record in senso stretto, anche perché fisiologicamente queste situazioni si ripetono negli anni: il fondo si era toccato prima del Covid, ma va detto che allora i costi erano molto più bassi», premette Saba, che poi spiega: «Da quando (intorno al 2010) l’Antitrust ha aperto il mercato libero, a dettare il prezzo è la trasformazione; in forma cooperativa o privata, cercando di stare sulla stessa linea, ma a queste condizioni non riesce a stare sul mercato».

Se la base piange, e il centro certamente non ride, non resta che andare direttamente al vertice. «Saccardi ci ha promesso un incontro con la Gdo (la grande distribuzione organizzata, ndr)», anticipa la presidente, che tuttavia lancia un appello ancora più in alto: «La Regione, sempre molto disponibile (in Toscana, per questo, siamo molto fortunati) può anche creare un meccanismo di premialità per i più virtuosi, ma è al governo che ci rivolgiamo. Non si può limitare il nostro settore alla sola sopravvivenza, vogliamo dignità e la possibilità di essere competitivi: vogliamo poter anche noi fare reddito».

Primo passo: sgomberare il campo dai luoghi comuni. «Il nostro è un lavoro ancora molto usurante ma non siamo certamente più gli zampognari con la pecora sulle spalle: siamo custodi del territorio e dei mestieri delle tradizioni, che volentieri integriamo con le opportunità che derivano dai nuovi mezzi tecnologici», puntualizza Saba, chiamando Roma a tracciare «canali in grado di valorizzare il prodotto finito (il Pecorino Toscano Dop ne è un esempio: se non riesce a spuntare un buon prezzo, a cascata ne risente tutta la filiera)», ma allo stesso tempo anche «portare nelle scuole l’educazione alimentare: il cibo nutriente e sano è il nostro, e questo dev’essere insegnato ai ragazzi già in aula». E per i giovani chiede che «il nostro mestiere, che pure è bello, sia reso di nuovo appetibile». Anche perché, fra crollo dei prezzi e aumento dei costi – ma anche raggiunti limiti di età – le imprese storiche chiudono in assenza di ricambio generazionale.

La presidente, tuttavia, guarda infine anche all’interno della sua stessa categoria: «Noi per primi dobbiamo essere in grado di imparare a dare valore al nostro prodotto».


 

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