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Marrone del Mugello, il 2024 è un anno nero. Produzione più che dimezzata

Marrone del Mugello, il 2024 è un anno nero. Produzione più che dimezzata

Ceste vuote e aziende in crisi per i danni provocati dalle alluvioni di maggio

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MUGELLO. Ceste vuote, essiccatoi spenti e futuro mai così incerto per il Marrone del Mugello. Nei 15 mila ettari di castagneti tormentati dagli sbalzi climatici e feriti dall’alluvione dello scorso maggio le piante secolari sono in grande sofferenza ed il marrone scarseggia come poche altre volte nella storia. Il brulicare di raccoglitori tra le marronete dipinte dall’autunno ha lasciato il posto al silenzio. È un’annata nerissima per la più importante economia di montagna che garantisce reddito e sopravvivenza di 500 imprese agricole dell’area mugellana che raccolgono e commercializzano i marroni. La stima è pesante con la produzione complessiva che sarà più che dimezzata.

A denunciarlo è Coldiretti Firenze che sta monitorando l’andamento della raccolta nell’Alto Mugello (e nel resto della regione). «Quelli che erano i timori e le preoccupazioni degli agricoltori all’indomani dell’infausto evento alluvionale di maggio si sono materializzati. Sono migliaia le frane, gli smottamenti e scivolamenti del terreno per effetto delle piogge eccezionali che hanno interessato centinaia di ettari di castagneti in parte oggi ancora inaccessibili. Lo stress provocato da questi fenomeni ha creato grandissima sofferenza alle piante, per lo più secolari, che oggi sono spoglie di ricci e frutti. Se a questo enorme handicap ci aggiungiamo un andamento climatico non favorevole il quadro è purtroppo completo» spiega Cesare Buonamici, presidente Coldiretti Firenze. «Il settore – aggiunge – non può e non deve essere lasciato solo».

«Il marrone è per il Mugello quello che il Chianti è per Firenze o il Brunello per Montalcino – va dritto al sodo Arturo Raffini, storico castanicoltore di Piancaldoli nel Comune di Firenzuola –. Questa annata è da calamità naturale. Una situazione simile l’abbiamo vissuta con il Cinipide galligeno, nel 2014, quando la produzione era stata azzerata. C’è grandissima richiesta che non riusciamo e possiamo soddisfare». «È un’annata difficile – spiega Fabio Billi –. Le frane, conseguenti alla bomba d’acqua di maggio, hanno distrutto i castagneti, altri sono stati danneggiati. Per non parlare dei danni alla viabilità agricola».
 

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