Bambina scomparsa a Firenze, la Procura: «Su Kataleya c’è chi sa e non parla». Concluse le indagini sulle telecamere
Il procuratore Luca Tescaroli: «La legge consente di tutelare chi collabora». Verifiche in corso se la bimba abbia potuto lasciare l'Italia in aereo
FIRENZE. «Stiamo facendo tutto il possibile per ricostruire quello che è avvenuto, nel prioritario interesse della piccola e con la speranza di poterla ritrovare. Stiamo cercando di verificare anche questo, sono in corso accertamenti per chiarire se la bimba abbia potuto lasciare l'Italia in aereo o comunque attraverso le varie frontiere». Lo ha detto il procuratore aggiunto Luca Tescaroli in un'intervista a Repubblica a proposito delle indagini per ritrovare Mia Kataleya Chicllo Alvarez, per tutti solo Kata, la bambina peruviana di 5 anni di cui non si hanno più notizie dal primo pomeriggio del 10 giugno, quando fu vista un'ultima volta nell'ex hotel Astor di via Maragliano, occupato abusivamente da circa un centinaio di persone e in cui viveva con la famiglia.«Al momento non ci sono basi certe per dire come la bambina abbia lasciato lo stabile, ma le attività sono ancora in corso» aggiugnge il magistrato. «Intanto abbiamo concluso l'analisi delle telecamere relative alla giornata della scomparsa, e sono state censite tutte le persone e i mezzi transitati sotto le telecamere e sono state anche individuate le persone uscite ed entrate nell'ex Astor» spiega Tescaroli.
«L'ipotesi – ricorda il procuratore aggiunto – è quella del sequestro di persona a scopo di estorsione, che potrebbe essere derivato proprio dai rapporti conflittuali che sono sfociati nei gravi delitti commessi durante l'occupazione. Va segnalato che alcuni stretti familiari della bambina sono risultati coinvolti in quei delitti». Per il procuratore «esistono elementi concreti per ritenere che alcuni non abbiano detto tutto ciò di cui erano a conoscenza». Tescaroli quindi rivolge un invito «alle persone che sanno a riferire al nostro ufficio, nell'interesse della piccola» perché «è bene ricordare che la legge consente di tutelare chi collabora». E conclude con l'augurio «che la bambina sia ancora viva», sperando «che l'impegno che stiamo riversando ci permetta di conoscere la verità».