Bove e il ritorno al calcio, l’ex medico della Nazionale: «Ecco quali sono le condizioni per l'idoneità»
La disciplina italiana è rigida rispetto all'estero e soluzioni come quella di Eriksen non si possono applicare
Enrico Castellacci, ex medico della nazionale di calcio e uno dei massimi esperti di medicina dello sport. Parla dalla clinica di San Rossore dove ha in agenda una serie di interventi, ma il suo primo pensiero va a Edoardo Bove «un ragazzo di 22 anni che è uscito vivo da una brutta situazione e al quale va il mio abbraccio».
Professore, il peggio sembra passato e tutti si chiedono se e quando Bove potrà tornare a giocare?
«Non è così semplice fare previsioni. Prima serve una diagnosi per capire che cosa abbia scatenato la crisi cardiaca. Ora si può solo ragionare per ipotesi».
Secondo Michele Emdin, luminare di cardiologia si potrebbe trattare di evento aritmico che ha causato un arresto cui potrebbe essere seguita ipoperfusione cerebrale e crisi epilettica.
«Le voci si sono susseguite: prima una crisi epilettica che può portare a un aumento della frequenza cardiaca e poi all’arresto, poi un evento traumatico sternale (un colpo ndr) e infine una aritmia. Propenderei per questa ultima ipotesi. Capisco che anche il giocatore stia pensando a come e quando tornare, ma deve essere conscio di aver superato una grossa crisi. Inoltre la disciplina italiana è rigida per l’idoneità sportiva».
Il cardiologo Daniele Andreini sulla Gazzetta ha spiegato che se Bove è stato defibrillato un ritorno alle gare è più difficili. Ci spiega perché?
«Perché presuppone che abbia un problema cardiaco di base».
L’ex giocatore dell’Inter Eriksen ha avuto un arresto in campo. Ora gioca in Premier perché in Italia non avrebbe l’idoneità.
«La disciplina italiana è rigida rispetto all’estero, perché valutiamo problematiche e rischi più che altrove. Prendiamo Eriksen: dopo la crisi gli è stato impiantato un defibrillatore sottopelle. Se prende un colpo al torace e il defibrillatore si blocca? Questo da noi viene valutato come un limite per tornare in campo. In molti paesi, invece, è il giocatore a doversi prendere la responsabilità. Sarebbe giusto ricordare come le visite medico sportive salvino vite umane».
È una percezione o malori come quello a Bove accadano solo nel calcio?
«Sembra così perché negli altri sport non ci sono personaggi così famosi e di livello come nel calcio. Purtroppo l’arresto cardiaco, che può sfociare anche nella morte improvvisa, può avvenire per qualsiasi attività e non ha niente a che vedere con la disciplina. Ma l’impatto di un giocatore di serie A è tale che si ha una ripercussione mediatica notevole».
Dunque come si proteggono i giocatori?
«Con la prevenzione. E per fortuna in Italia se ne fa tanta. Pensate che su tutti i campi c’è un defibrillatore. A monte serve fare la visita medica per avere l’idoneità sportiva: un passaporto per la vita. E a oggi, dopo l’abolizione delle visite a scuola e quella di leva, è l’unico screening di massa che viene fatto». l