Il Tirreno

L’intervista

Bobo Rondelli l’anti ComunQuista: «La Chiappona ci aiuterà». Ecco il nuovo album

di Francesca Suggi
Bobo Rondelli l’anti ComunQuista: «La Chiappona ci aiuterà». Ecco il nuovo album

L’ultimo lavoro del cantastorie più irriverente e liberatorio. «La volgarità? Sono le guerre e gli assassini, non le parolacce»

20 giugno 2024
5 MINUTI DI LETTURA





«È un disco dispettoso e irrispettoso il mio: sono parole senza freni per divertire e magari far riflettere, contro la moralità e quello che siamo diventati, raccontando casi umani e squarci di vita quotidiana».

Bobo Rondelli ridendo e scherzando porta le sue “Storie Assurde”, l’ultimo disco, da Livorno in giro per mezza Italia quest’estate. Gira. Guarda. Scrive. Si sente come un «vecchietto del Muppet Show» («Vado nei posti adesso e mi sembra di essere quasi un nonno»). Ma il cantautore, che i 60 anni li ha superati, adesso si prende la libertà di liberare le sue parole. Livorno, la sua irriverenza e perché no, la sua volgarità che poi volgarità non è, «dipende da come le dici le parolacce»: la sue “Storie Assurde” nascono per dare un calcio ai moralismi. A quel modo “comunquista” dilagante di guardare il mondo. Nascono come fumetti quelle 13 canzoni che ascolti e ti sembra di vederla davanti agli occhi la felliniana “Chiappona”, uno dei suoi personaggi cantati.

Lui lo può fare. Lui che ha cominciato nel 2001 con Figlio del nulla, dopo i tre dischi pubblicati con gli Ottavo Padiglione. Lui e le sue perle passate come Disperati, intellettuali, ubriaconi, Per amor del cielo, o l’omaggio a Piero Ciampi. Lui anche attore a fianco del regista Paolo Virzì e pure scrittore del romanzo autobiografico “Cos’hai da guardare”. Ma soprattutto lui cantore di personaggi e sentimenti che arrivano dritto. A volte come schiaffi in faccia. Altri come pugni nello stomaco. Altri che sciolgono il cuore. Perché da Livorno, la sua città, è sempre arrivato a far specchiare il pubblico in quelle pennellate cantate che graffiano. «Curano». Fanno ridere. Così è il nuovo disco, suonato e registrato insieme agli amici di Musica da Ripostiglio, uscito per l’etichetta discografica The Saifam Group, prodotto dal The Cage, nonché registrato da Davide Fatemi. La copertina del disco è opera di Tommy, nome d’arte di Tommaso Eppesteingher, illustratore livornese.

Toni irriverenti, sguardo cinico, testi politicamente scorretti, ironia che racconta vizi e maldicenze. E passaggi più intimi e di speranza come da sempre ci ha abituati.

«È un disco fatto di getto che guarda questo mondo cinico, un lavoro semi-live per buona parte delle sue canzoni. Ce ne sono alcune che facevo già dal vivo, ma non le avevo mai incise. Altre invece erano già state incise, ma ho voluto rifarle secondo i miei desideri. La canzone tragicomica forse non ha mercato, o non è adatta per un disco, ma chi l’ha detto? Questo è ciò che ho pensato e allora ecco qua un disco che spero sia divertente, di questi tempi ce n’è bisogno. Un modo anche per evadere, un insieme di fumetti sotto forma di canzone. Questo è un disco in cui non ci sono doppi sensi, senza freni nell’usare il gergo labronico o di fronte alla moralità».

Rondelli, questo disco dispettoso e senza freni come lo chiama lei è anche liberatorio. Se qualcuno lo accusasse di essere volgare?

«La volgarità viene troppo spesso incriminata, forse certe parole non andrebbero eliminate, ma riderci sopra. Io guardo al primo Benigni, penso al Vernacoliere e dico che la parolaccia liberatoria serve, è provocatoria, è una “zolla” contro il potere e ai borghesi dà molto fastidio. Dipende da come le dici, le parolacce. Per me La volgarità sono le guerre, gli assassini, è quello che sta facendo Vannacci che più che volgare è pericoloso».

Tra le canzoni c’è La Chiappona con la citazione che porta a Bocelli. È un omaggio alla donna di Fellini?

«La Chiappona è dedicata a tutte quelle donne e madri che non amano passare tanto tempo allo specchio. È dedicata alle donne che non vanno in palestra e non stanno attente alla linea, più materne e formose, è una opposizione ai canoni della bellezza che ci impongono».

Il brano che chiude l’album si intitola Il Comunquista, contrazione tra comunista e qualunquista: uno specchio dell’italiano medio di oggi?

«Oggi la politica è solo chiacchiere e propaganda. La parola “comunquista” è una provocazione, una denuncia a quello che siamo diventati oggi. Non si fanno più discussioni serie. C’è un senso di inutilità generale e di isolamento davanti al quale si alzano le braccia. Per chiacchierare bene serve la speranza. Dal dopo pandemia è come se non ci fosse più un sogno comune e ci attacchiamo alle cose materiali, alle bollette, ai ritmi frenetici per riempire questo vuoto».

Cosa siamo diventati oggi? La pandemia ci ha peggiorati?

«Sicuramente siamo diventati più aggressivi: giri per le strade e respiri nervosismo, è come se si fosse perso il senso del gioco, dello scherzo. Speravo che la pandemia avesse aiutato a capire un po’ di più e invece siamo sempre più isolati, ostaggi della tecnologia che ci controlla e ci viene contro, ci si spia l’un l’altro: anche quando si suona dal vivo bisogna stare attenti a quello che si fa perché sei sempre controllato anche lì con questa tecnologia».

Una risata non ci salverà ma ci può aiutare?

«Le canzoni non ci possono salvare, non è questo il loro compito, ma sicuramente arrivano ai sentimenti, al cuore e una risata può far riflettere se uno ha voglia di farlo. Faccio sempre questo esempio, gli eschimesi definiscono fare l’amore come “ridere insieme”, usano lo stesso verbo. È qui che bisogna tornare».

In cosa spera guardando ai giovani? Cosa augura loro?

«Spero in una risalita. Anche nei giovani vedo tanta violenza ma c’è una grande parte di loro che si impegna ancora nelle cose buone. Anche tornare a protestare in piazza è una forma di impegno. Dico loro di cercare nella vita una passione da portare avanti, per sé e per gli altri. Usare il cuore: il mondo è in mano a voi, attenti alla giovinezza e soprattutto attenti alla Giovane Italia che non è quella di Mazzini».




 

Primo piano
Lo studio

Turismo in Toscana, giù le prenotazioni negli agriturismi: male la Maremma, soffre la costa livornese. Le zone che si salvano