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La sentenza

Pisa, con una forbiciata ferì all’occhio il compagno: condannata dopo due consulenze

di Federico Lazzotti
Pisa, con una forbiciata ferì all’occhio il compagno: condannata dopo due consulenze<br type="_moz" />

L’uomo a causa della lesione ha avuto una riduzione della vista. Secondo il perito del giudice la donna al momento dell'aggressione era parizialmente capace di intendere e volere 

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Pisa È la sera del 23 gennaio dello scorso anno. Una coppia di trentenni è nel loro appartamento: convivono da qualche mese e molto spesso litigano. E quando esagerano con l’alcol, e questo accade di frequente, entrambi superano il limite, arrivando alla violenza fisica. Succede anche in quella occasione. Ma al culmine della follia è la donna, 37 anni, a perdere il controllo: prende un paio di forbici e le lancia contro il compagno. Il risultato è che la lama ferisce l’uomo, di qualche anno più giovane.

L’inchiesta della polizia scatta poche ore dopo l’aggressione, quando il fidanzato si presenza al pronto soccorso dell’ospedale di Cisanello con una lesione importante all’occhio sinistro, tanto che in un primo momento anche la funzionalità dell’organo è in dubbio.

A distanza di 373 giorni da quella notte la giudice per l’udienza preliminare Nunzia Castellano ha condannato a otto mesi di reclusione e una provvisionale di cinquemila euro la trentasettenne, difesa dagli avvocati Maria Concetta Gugliotta e Alberto Marchesi. La donna era imputata con l’accusa di lesioni gravi. A chiedere un rito alternativo erano stati, dopo la richiesta di rinvio a giudizio notificata dalla Procura, gli avvocati della trentasettenne. Una richiesta di abbreviato condizionata a una perizia psichiatrica per verificare la capacità di intendere e volere della donna al momento in cui ha aggredito l’allora compagno. Una prima consulenza di parte, firmata dalla psicologa Ilaria Zampieri, aveva accertato la «totale incapacità di intendere e volere» da parte dell’imputata.

A questo punto la giudice ha disposto a sua volta una perizia affidandola a Massimo Marchi, psichiatra che in passato ha firmato diverse consulenze per il Tribunale. Ieri mattina, durante l’udienza a porte chiuse, il medico ha tracciato il profilo dell’imputata in una lunga deposizione al termine della quale , toccando i vari aspetti anche personali della donna, ha concluso sostenendo la «parziale capacità dell’imputata» che in ogni caso – al momento dell’aggressione «era grandemente scemata».

È sulla base di queste conclusioni da parte dell’esperto che la giudice ha conteggiato la pena arrivando agli otto mesi finali. Per capire le basi giuridiche della decisione sarà necessario aspettare la deposizione delle motivazioni, attese tra novanta giorni.

L’ipotesi – confermata anche dagli avvocati – è che rispetto alla richiesta del pubblico ministero (quattro anni di reclusione) la giudice abbia tenuto conto delle conclusioni del suo consulente rispetto allo stato mentale dell’imputata e successivamente abbia riconosicuto le attenuanti generiche ipotizzando la provocazione da parte dell’allora compagno. Agli atti , infatti, c’erano anche diversi accessi che la donna aveva fatto nei mesi precedenti al pronto soccorso per curare lesioni che poi non erano sfociate in denunce nei confronti dell’uomo. Inoltre la sera del 23 gennaio dello scorso anno, non era la prima volta che i poliziotti si presentavano a casa della coppia a causa di liti segnalate anche dai vicini.

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