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L’anniversario

Trent’anni senza Ayrton Senna, l’immortale che non guidò la Rossa

di Cristiano Marcacci
Trent’anni senza Ayrton Senna, l’immortale che non guidò la Rossa

Aspettiamo ancora che dopo quel leggero movimento della testa si slacci le cinture e salti fuori per andare a prendere a schiaffi quella vecchia signora vestita di nero

01 maggio 2024
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Quella pubblicata è una foto scattata ad Ayrton Senna da uno dei più stimati e apprezzati fotografi del motorismo sportivo a livello internazionale, Mirco Lazzari, il quale era anche tra i pochissimi amici del campionissimo brasiliano. È uno degli scatti a cui Mirco è maggiormente legato. Di Lazzari e del collega Angelo Orsi è la mostra “Magic, Ayrton Senna/Imola 1994/2024”, inaugurata al Museo di San Domenico a Imola lo scorso 21 marzo, data del compleanno di Ayrton, e che sarà visitabile fino al 2 giugno, il venerdì dalle 15 alle 19, il sabato e la domenica dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 19. Oggi (primo maggio) e domani l’apertura è dalle 18 alle 22.


Forse ci si sarebbe dovuti fermare, ma il motorsport ha regole diverse. I rischi sono ben superiori rispetto alle altre discipline e chi accetta di salire sulla giostra ne deve essere perfettamente consapevole. E la giostra, appunto, in questo caso del Gran premio di San Marino a Imola (nel weekend dal 29 aprile al 1°maggio 1994), non si fermò. Andò avanti e si trasformò in un’autentica giostra mortale.

La maledizione sul circuito “Enzo e Dino Ferrari” non venne inghiottita nemmeno dalle tenebre della notte tra sabato e domenica, quella dello choc e delle lacrime per il drammatico incidente a Ratzenberger. Si ripresentò puntuale al via del Gran premio, quando al semaforo verde JJ Lehto su Benetton fece spegnere il motore restando fermo. Le vetture dietro lo evitarono per un soffio, tranne una, quella di Pedro Lamy, che colpì l'angolo posteriore sinistro. I detriti della collisione volarono oltre le recinzioni, finendo sulle tribune e nove spettatori rimasero feriti. Partenza, quindi, rinviata e ingresso in pista della safety car. Ayrton era in pole position e la sua impazienza stava raggiungendo il culmine. Non vedeva l’ora, il campionissimo brasiliano, di finirla. Non tanto da vincitore. Voleva finirla con quel weekend, e basta. Voleva solo farsi una bella doccia e lasciarsi alle spalle l’autodromo emiliano.

Senna, infatti, era l’unico ad aver capito. Era l’unico ad essersi accorto di quella figura minacciosa invisibile a tutti gli altri che si aggirava con fare beffardo tra i box e le curve. Una vecchia signora vestita di nero capace di spegnerti pian piano l’animo e lo sguardo, fino ad azzerarli. Ha tentato, Ayrton, di ribellarsi, di scacciarla. Ci ricordiamo bene di quei pugni scagliati contro il volante durante i giri percorsi dietro la safety car in attesa della ripartenza. Passarono pochi minuti e arrivò il secondo via, ma con quell’ingombrante figura sempre presente. Il pilota della Williams non riuscì a liberarsene e si ritrovò prigioniero di quel missile su quattro ruote lanciato all’improvviso verso il muro della morte. Non l’aveva mai sentita sua, Ayrton, quell’auto. «L’abitacolo – confidò agli amici più cari un paio di settimane prima di Imola – mi sta troppo stretto. Lì dentro ci sto a fatica. Se mangio un panino non riesco più a entrarci». E fu proprio quella monoposto a tradirlo. Il piantone dello sterzo si disintegrò e un pezzo di sospensione gli si conficcò proprio nel casco.

Così finì la carriera di uno dei più grandi piloti di tutti i tempi, diventato tale anche senza passare dal volante della Ferrari. Così ebbe inizio l’immortalità di Ayrton Senna. Aspettiamo ancora che dopo quel leggero movimento della testa si slacci le cinture e salti fuori per andare a prendere a schiaffi quella vecchia signora vestita di nero.


 

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