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Tribunale

Marmo, altra raffica di ricorsi su concessioni perpertue e canoni

Marmo, altra raffica di ricorsi su concessioni perpertue e canoni

Il Comune si costituisce davanti al tribunale civile e al Tar nelle cause intentate dalle imprese, il cui vero obiettivo è quello di non arrivare alle gare

30 aprile 2024
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CARRARA. Convenzioni firmate, riunioni per la tracciabilità (con polemiche sulla filiera) e articolo 21: da un lato quindi il dialogo, anche se in un clima di tensione soprattutto sulla filiera, c’è, fra amministrazione comunale e imprese, e anzi, le convenzioni sono, anzi sarebbero, almeno sulla carta un punto fermo (ma sono state firmate con riserva); dall’altro, come già annunciato nelle scorse settimane e ricordato anche da Report, è scattata l’ultima, la vera battaglia vitale delle aziende per evitare lo spettro delle gare nel 2040 (o nel 2042, per chi ha i due anni aggiuntivi dell’Emas), quando scadranno le concessioni rinnovate con le convenzioni, con gli impegni sulla filiera e i progetti dell’articolo 21. I 25 o 27 anni si calcolano dal 2015, anno della legge 35 che ha programmato le gare.

Nelle scorse settimane avevamo parlato delle prime dodici cause civili, cui se ne sono aggiunte altre otto, come emerge anche dalla delibera di palazzo civico che annuncia di essersi costituita nei procedimenti di fronte al tribunale, com’è ovvio: obiettivo delle imprese, il riconoscimento della natura di diritti reali perpetui assimilabili ad enfiteusi, attribuiti definitivamente dalla legislazione estense, dei livelli, come - sostengono i legali delle aziende di escavazione - stabilito da più sentenze di Cassazione.

Altra ipotesi

In ipotesi, qualora non fosse accolta questa interpretazione, si chiede il riconoscimento di un indennizzo al valore di mercato, sulla base di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Fra i legali che hanno predisposto queste cause civili, Riccardo Diamanti, Sergio Menchini, Antonio Lattanzi, Roberto Righi, Ferdinando Genovesi e altri.

Certo, questo dell’indennizzo potrebbe essere un boomerang, perché i valori medi del marmo escavato sono calcolati su valori base che per i marmi pregiatissimi non sembrano più attuali; eppure, come già accaduto,  ben dodici società contestano anche quei canoni di concessione. Sarà curioso, in caso di eventuale futuro indennizzo, se lo chiederanno sui valori medi che vedono solo tre cave a più di 600 euro la tonnellata. Se anche un tribunale assegnasse un anno di indennizzo, cosa uscirebbe per una cava di calacatta? 15mila tonnellate totali l’anno a 640 euro? Meno di dieci milioni...

Le imprese, anche quelle che non hanno cave "private", cioé i beni estimati - e, ricordiamo, anche su questo terreno lo scontro sta per arrivare in Cassazione - sono determinate a far valere quelli che a loro avviso sono diritti che la legge regionale non poteva intaccare. Le concessioni, in sostanza devono essere considerate sì rinnovabili (ogni 29 anni però), e soggette a canoni, ma caducabili solo a fronte di gravi inadempienze (che erano già codificate dalle leggi Estensi) e soprattutto, il punto chiave, non "trasmissibili", e pertanto non soggette ad asta.

Il precedente al Tar

Il tema era già emerso anche dal Tar, prima strada tentata dalle aziende, che con i suoi decreti, con i quali aveva rinviato la discussione a dopo i pronunciamenti in sede civile, faceva osservare che sul tavolo c’è la richiesta di «illegittimità della Legge regionale 35/2015 e degli atti regolamentari del Comune di Carrara (che di tale legge regionale sono attuativi) ove interpretati nel senso di comportare una estinzione "ope legis" (per effetto di una norma di legge, ndr) del rivendicato diritto reale, tanto da prospettare questione di legittimità costituzionale delle disposizioni della 35/2015 nella misura in cui queste, incidendo sul diritto privato, avrebbero invaso la competenza legislativa statale esclusiva in materia di "ordinamento civile" o avrebbero comunque determinato un’espropriazione senza indennizzo». Il Tar, innanzi al quale erano già stati depositati i ricorsi, ha sospeso la decisione in attesa «dell’accertamento in sede civile dell’esistenza, della natura e della durata del diritto di livello», perché questo costituisce una decisione pregiudiziale.

L’enfiteusi per la verità sembrava già esclusa dalla sentenza della Corte Costituzionale del 1995, che aveva dichiarato le concessioni onerose e temporanee, ma questo non spaventa i legali degli imprenditori, che appunto sostengono che anche attraverso l’enfiteusi sarebbero formalmente temporanee, perché rinnovabili ogni 29 anni, ma revocabili solo a fronte di grave inadempienza e soprattutto non soggette a gara.

Caso canone

Ma la guerra delle carte bolalte non si esaurisce con le concessioni perpetue, tutt’altro. Sempre dall’albo pretorio si evince, come annunciato, che ci sono dodici ricorsi contro i canoni di concessione. Sì, i canoni di concessione che partono dalle schede merceologiche e dai valori medi, sulla base dei quali anche le aziende di escavazione con i bilanci record e i rapporti utili-fatturati superiori ad Armani e Prada (come detto dall’esperto di Report): anche contro quelli le imprese fanno ricorso in massa, ritenendoli illegittimi. Una battaglia su tutto.

La sindaca

Afferma la sindaca Serena Arrighi: «Abbiamo preso atto di questa nuova serie di ricorsi e come amministrazione abbiamo affidato gli incarichi ai nostri legali perché facciano valere le giuste ragioni dell’ente nelle sedi opportune. Come ho già avuto modo di dire anche alla luce di quanto emerso nelle ultime settimane in altre sedi, sono convinta che questo non sia il giusto modo di agire da parte degli industriali, perché credo che questo clima conflittuale non faccia bene a nessuno e, in particolar modo, vada a discapito dei concessionari più deboli e meno strutturati. Non è possibile che il rapporto tra amministrazione e mondo del marmo sia sempre regolato nelle aule del tribunale, da parte nostra ho ribadito più volte la nostra assoluta disponibilità al confronto con tutte le parte sociali, industriali compresi, per questo mi auguro che queste cause siano le ultime».
 

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